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VENERDI' DEL LIBRO...Il tempo breve. Nell’era della frenesia...

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OGGI SIAMO PROPRIO AL TEMPO BREVE ...

La società post-industriale, dopo l’ostentazione del lusso, tipica degli anni del boom economico, ha  inventato in tempi di crisi un nuovo status-symbol del lusso: il tempo breve

Così titola questo saggio di Marco Niada, Il tempo breve. Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione (Garzanti, Milano 2010), giornalista economico milanese, da anni residente a Londra, con un libro che merita una riflessione.
Un interessante  analisi di un  giornalista per ventisei anni de “Il Sole 24 ore”,  che lascia la redazione nel momento più acuto della crisi finanziaria del 2008. 
Così sottotitola il libro: “Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione”. 

Propongo questo saggio che mi è stato consigliato da Matteo.  La sua analisi parte da lontano: pur senza pretendere una certa scientificità,  si passano  in rassegna le prime clessidre ad acqua dei greci, la scansione del tempo nelle città-stato sumere, le meridiane dei Romani. Strumenti ancora imprecisi e che, in certe condizioni (cielo coperto per l’uso delle meridiane), diventavano inutilizzabili.
Quando si comincia allora ad avere fretta? Suggerisce l'autore:

"Più di uno studioso fa coincidere questo passaggio con il Medioevo e con il tempo della Chiesa, per la precisione. Quando Benedetto da Norcia fonda nel VI sec. d.C. le prime comunità monastiche incentrate sull’ora et labora e quindi sulla rigida programmazione delle giornate, si dà il via a una disciplina del tempo di stampopre-moderno."

Per la prima volta i monasteri diventano vere e proprie isole il cui tempo,  si regola sui principi della preghiera: “comunità-orologio” le definisce qualche storico. Il passaggio ulteriore avviene con
l’invenzione dell’orologio meccanico tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec., periodo della nascita della borghesia europea e dell’intensificarsi dei traffici e delle attività quotidiane. Il tempo del mercante diventa un tempo prezioso: le città tardo-
medievali, animate dalla laboriosità di operai e artigiani, seguono i tempi dettati dagli orologi delle torri dei palazzi comunali. 

“Attorno alla metà del XV secolo, tutte le grandi città possiedono mediamente cinque-sei orologi pubblici ben visibili, collocati agli angoli strategici dell’abitato come sentinelle poste a orvegliare lo svolgimento ordinato della vita sociale”.


Chi controlla il palazzo e suona le campane, comanda sulla città. Al tempo del mercante si aggiungono, tra il XVI e il XVII sec., altre novità tecniche: le lancette dei minuti, l’orologio tascabile e il pendolo. Il tempo diventa così sempre più preciso, ma una notizia impiega sempre due settimane per arrivare da Parigi a Venezia. La ricerca dell’efficienza è figlia della rivoluzione agricola del XVIII sec. e di quella industriale del XIX sec. Il  boom dei commerci, il moltiplicarsi delle vie e dei mezzi di trasporto fanno compiere il grande balzo verso l’accelerazione del Tempo. Sarà tuttavia la comparsa del treno a vapore, nella prima metà dell’Ottocento, a segnare il vero punto di non-ritorno: i tempi di percorrenza vengono abbattuti e la locomotiva assurge a simbolo dell’accelerazione moderna. Ad ogni periodo il proprio tempo, a rimarcarne la sua natura convenzionale.
 
PERCHE'  CONSIGLIO  QUESTO TESTO...

Ad ogni periodo il proprio tempo per  rimarcarne la sua natura convenzionale. A denotare il nostro, ci sarebbero, secondo l’autore 

 " le more e le mele. Il Blackberry, con la sua tastiera un po’ a arcuata a ricordare le drupe delle more, e l’iPhone della Apple,  strumenti di un nuovo e inedito rapporto con lo spazio e con il tempo: abolendo le distanze e garantendoci una forma di onnipotenza dovuta all’ubiquità, i “telefonini intelligenti” ci lanciano verso un’era di continua emergenza e connessione, in cui diventa sempre più difficile distinguere ciò che è urgente da ciò che è importante". 

‘Gran parte del senso che diamo alla vita dipende dal rapporto che abbiamo con il tempo’, scrive nell’Introduzione Niada.


E  conclude: 

‘Non solo l’eccesso di impegni non ci permette più di mantenere un reale controllo del tempo, come facevano i monaci con lo scopo di avvicinarsi a Dio, ma sempre più la catena infernale di impegni e scadenze inizia a farci perdere il controllo di noi stessi, la nostra capacità di osservare e di creare, confondendo continuamente ciò che è urgente con ciò che è importante’ (pp. 10.11).


 QUI SI POSSONO LEGGERE I CONTRIBUTI DEGLI  scorsi Venerdi’ del libro.


 

 CHI PARTECIPA A QUESTO VENERDI' DEL LIBRO -
8 AGOSTO


 homemademamma
http://www.homemademamma.com/2014/08/08/venerdi-del-libro-mal-di-pietre/














 
 

“Per Stucky il prosecco è un vino simpatico.., "Finché c'è prosecco c'è speranza"...di Ervas, un'altra lettura per un'iniziativa originale, il Giro d'talia Letterario

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https://www.facebook.com/groups/1497868070433477/

 Finché c'è prosecco c'è speranza...di Ervas, un'altra lettura per un'iniziativa originale, il Giro d'talia Letterario

http://ecx.images-amazon.com/images/I/41mcZUROCYL._SL160_SL90_.jpg
Fulvio Ervas
Finché c’è prosecco c’è speranza
prefazione di Margherita Hack
301 pagine, euro 16,50
Marcos y Marcos 2010


Per Stucky il prosecco è un vino simpatico, per gli esperti è “un vino per una stagione sociale”, ecco il motivo per cui l'autore lo  ha scelto come “protagonista” del suo romanzo”
Forse anche perché è stata la principale attività produttiva del Veneto ad essere cresciuta nell’anno 2009, in piena crisi economica. Quindi  simbolo: di imprenditorialità, di  rapporto con il territorio, di immagine.  E' una monocultura e dopo essersi  occupato, con Buffalo Bill a Venezia della monocultura turistica, ad Ervas è piaciuto ricordare che le monoculture esigono un’attenzione, una cura di altissimo livello. Il prosecco rappresenta una sfida e gli è  piaciuto narrarla.
 Molto  influenti  le  origini persiane di Stucky, il protagonista,  nel suo modus operandi :  ostinato e cortese, un poco seduttore come certi venditori di tappeti persiani, attento ai dettagli del comportamento umano, sensibile ed  amante delle bellezze del mondo, un incrocio tra  grandi tradizioni  di civiltà.
Le due vittime,  Desiderio Ancillotto e Tranquillo Speggiorin si possono tratteggiare  brevemente nelle caratteristiche. Il conte Ancillotto è il grande vignaiolo,  il conservatore che s’accorge che il mondo che ha amato e difeso  rischia di svanire.  Ne imputa la colpa al meccanismo sociale di cui  egli stesso è stato sostenitore.   L’ingegner Speggiorin, che dirige il cementificio, è l’uomo del PIL sempre in crescita, dei bilanci in attivo, dell’efficienza produttiva ad ogni costo. 

I temi:  Vino e cemento. I procedimenti per produrli a confronto con le relative speculazioni. Tradizione e innovazione spregiudicata, chi avrà   la meglio? 
Secondo l'autore, la tradizione, nella produzione  di  vino ed altri alimenti,  resiste.  Minacciata, magari, ma non vinta. Certamente , la spinta a fare solo soldi con il vino ed altro,   è fortissima. Ma le filiere alimentari sono  questioni   molto complesse e i romanzi, davvero, non hanno strumenti per narrarle compitamente.

Nel romanzo  anche una denuncia? 
L'assunto: uccidono di più le automobili, l’amianto e il monoclururo di vinile che tutti i serial killer del mondo.  Ma le morti   un po’ occultate, non suscitano attenzione e repulsione come il colpo di pistola dell’assassino.  L' insieme di responsabilità diffuse  ci confonde e si confonde. Non si vuole  riconoscere che il rischio di  malattia e morte   persiste  nel tempo e nello spazio
http://sugarpulp.it/wp-content/uploads/finche-ce-prosecco-sugarpulp-featured-300x120.jpg

Un bel libro  sul serio ( la mia Bilioteca di Quartiere me ne ha fornito ua copia): mai troppo impegnativo ma così ben scritto che non ti prende la smania di arrivare alla fine per scoprire chi è il colpevole, perché puoi godere dello scorrere delle pagine senza alcuna fretta.

 Una pagina tra tutte vale la pena d’esser riportata, a beneficio degli amanti del vino:

“In quasi trent’anni l’oste Secondo aveva versato nei bicchieri decine e decine di ettolitri di vino e aveva visto tanti bevitori da considerarsi un classificatore. Il Linneo dei bevitori. Affermava che le dita attorno al bicchiere rivelano la natura di una persona, e così le labbra di chi si appresta a bere. Rammentava a chiunque che le labbra possono lambire, aspirare, attendere, mordere, pregare, tremare, persino mormorare cantilene cercando di esorcizzare l’alcol. La verità sulle persone non si manifesterebbe attraverso l’ebbrezza causata dal vino, ma attraverso i movimenti per gustarlo. Così Secondo sosteneva di distinguere il veronese dal vicentino, l’egocentrico dal narcisista e l’avvocato dal dentista. Lo scapolo che non riuscirà mai a sposarsi da quello che non sa cosa lo aspetta. «Comunque, si capisce subito chi ha un’intimità profonda con il vino»«Davvero? E quel tizio?» sussurrò l’ispettore Stucky indicando un giovane.«Da come tartassa il bicchiere, o si illude di ottenere il burro oppure ha il tetano».

 
Particolarissimo il fatto che sia ambientato tra i colli del Prosecco e nella splendida Cison di Valmarino:

http://www.magicoveneto.it/trevisan/bike/Cicloturismo_Colli-del-Prosecco_C01.jpg 

Le strade del Prosecco


Il termine “Prosecco”,  nome di un vitigno che si coltiva da sempre in Veneto che ma dà il meglio di sé nelle colline di Conegliano e Valdobbiadene,  con  il migliore livello qualitativo e la Denominazione di Origine Controllata e Garantita.
  In questa zona il Prosecco ha creato un   sistema produttivo: il Distretto  del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene che  si estende nella fascia collinare della provincia di Treviso   tra le cittadine di Conegliano e Valdobbiadene, ai piedi delle Prealpi Trevigiane.
Esso si snoda su circa 20000 ettari di pendici collinari,   circa 5000 sono a vigneto.   15 comuni: Conegliano, Susegana, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Cison di Valmarino, S. Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Miane, Vidor, Follina, Tarzo e Valdobbiadene.




http://www.rincoboys.org/BICI%20&%20BICERI/IMAGES%20VARIE/BICCHIERE%20DI%20VINO.gif



FERRAGOSTO...CON LE 101 cose su di me, NUMERO 10

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FERRAGOSTO...CON  LE 101 cose su di me,  NUMERO  10
feriae-augusti(1)

 Le origini antiche della festa del Ferragosto

Feriae augusti, ovvero buone vacanze DAL BLOG DEL SIGNOR PONZA


1- ETIMOLOGIA- fer-ra-gó-sto , dal latino: feriae Augusti giorni di festa dell'imperatore Augusto.
Per i ritmi di vita legati ai cicli dell'agricoltura, periodo dell'anno particolarmente importante,  le fatiche del raccolto dei cereali  volgono al termine, un momento buono per riposarsi, e ritemprare lo spirito, e fare riti di propiziazione per la prossima stagione 

Romano Impero - Feriae Augusti
 NOTIZIE INTERESSANTI

2- RICORDI-... oggi dietro l’angolo si sono materializzati gli anni Sessanta. Un ferragosto qualunque, in spiaggia, un tripudio di bikini fantasia tipo Positano...
I  tamburelli e il loro tam tamIl juke-box che suona  e Gianni Morandi canta. E poi le pinne, il fucile, gli occhiali, il mare che sarà pure una tavola blu...    Il mio 15 d’agosto come per tutti gli  italiani ...allora, al mare...
 
SIMO ...FERRAGOSTO - RELAX


3- MUSICA- ...e non posso non ricordare  Notte di ferragosto, un brano estivo cantato da uno dei più amati interpreti della canzone italiana anni sessanta, Gianni Morandi. La canzone scritta da Bacalov, Migliacci e Zambrini arrivò prima al Cantagiro del 1966.
Tempo di vacanza...  un grande album di famiglia,"Notte di ferragosto calda la spiaggia e caldo il mare, freddo questo mio cuor senza te. Notte Di Ferragosto, il mio pensiero torna da te.... "







4-PENSIERI A chi è lontano a chi non sa dove andare a chi sorride al cielo o si tuffa nel mare.... un ferragosto da ricordare!
-S.Littleword


Photobucket 

5-  Ferragosto un bel barbecue... la soluzione più adatta per passare una giornata un po’ diversa dal solito, e  complice un clima favorevole.
 

6- Per abitudine (ma non solo)la tendenza degli esseri umani a riunirsi, a raggrupparsi. La gente va dove c'è altra gente. È in questo modo che dobbiamo vedere il Ferragosto, residuo di una grande festa dove ci si diverte proprio perché ci si va tutti insieme.
 http://blogfile.ifeng.com/uploadfiles//user_head/151/794151.jpg?fs=35416

Venerdì del libro un FERRAGOSTO ALL' INSEGNA DELLE CITTA' INVISIBILI DI CALVINO

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 VENERDI' DEL LIBRO  
CON IL MIO AUTORE PREFERITO...
CALVINO E LE CITTA' INVISIBILI

Le città invisibili

 Pubblicato per la prima nel 1972 da Einaudi, Le città invisibili si mostra particolarmente efficace nel narrare il delirio delle metropoli contemporanee, città in costante movimento e mutamento.
L'Autore ha scelto come protagoniste del suo libro le città che Marco Polo ha visitato durante i suoi lunghi viaggi, alle quali ha attribuito alcuni nomi di donna, anche fra i più strani.
Dall’analisi di alcuni di questi appellativi si nota come il loro significato sia in relazione alla descrizione del narratore secondo un rapporto di analogia o di contrasto.

ANALOGIA

DESPINA (Le città e il desiderio ); propriamente il culto della signora o la signora presso gli antichi Greci. Questa è indicata come città di confine fra due deserti: quello fatto d’acqua e quello di sabbia. Gli uomini assumono un atteggiamento di venerazione verso questa città, intermediaria fra il mare e il deserto: dunque il nome scelto da Calvino sottolinea la caratteristica fondamentale.

ZOE (Le città e i segni ); dal greco significa vita. A Zoe tutto è molto simile e il viaggiatore si perde spesso. Il narratore nelle ultime frasi che concludono il suo racconto esprime il suo giudizio dicendo se l’esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città di Zoe è il luogo dell’esistenza indivisibile. Questa frase piuttosto difficile sta ad indicare, a mio avviso, che non è necessario che tutto sia differenziato per creare la vita, e mi rievoca l’idea del "brodo primordiale".Troviamo dunque nella scelta dell’autore un’analogia evidente.

EUFEMIA (Le cittè e gli scambi.); la sua etimologia greca , dalla bella parola. Questo è il racconto dove il tema principale di questa serie è più evidente: qui a Eufemia non ci sono solo scambi commerciali, ma soprattutto scambi di pensieri, emozioni e sentimenti che tramite poche parole assumono connotati diversi a seconda di chi li esprime, dove mercanti di sette nazioni convengono a ogni solstizio ed equinozio, e dove a ogni parola che uno dice[…], gli altri raccontano ognuno la sua storia […].

PIRRA ( il nome dal greco che significa infuocata). L’immagine del fuoco ci richiama alla mente quel calore ardente, così luminoso che abbaglia la vista: proprio questa è la città di Pirra, da quel momento in poi il nome Pirra mi richiama alla mente questa vista, questa luce, questo ronzio, quest’aria in cui vola una polvere giallina: è evidente che significa e non poteva significare altro che questo.

EUDOSSIA (Le città e il cielo ); dal greco, dalla giusta opinione. Infatti Eudossia è il frutto del responso di un oracolo per cui gli auguri hanno costruito la città e ne hanno riportato schematicamente le caratteristiche su un tappeto dal quale i viaggiatori possono ritrovarsi se si sono persi. L’autore dunque ha scelto un nome che rispettasse il suo proprio significato etimologico.

PENTESILEA (Le città continue ); dal greco, colei che reca sofferenza. Qui la descrizione  appare quasi inquietante poiché non c’è nella città né un inizio né una fine, il che sconvolge un po’ il lettore: questa è una città degradata dove la ricchezza non esiste e forse neanche la sofferenza, ma la tristezza senza ombra di dubbio sì. Questa particolare visione della città, sotto uno dei suoi tanti aspetti, potrebbe rappresentare lo specchio della società odierna, dove nessuno ha tempo di "vivere".
 
CONTRASTO

SOFRONIA (Le città sottili ); dal greco, la virtuosa, la temperante. La città si compone di due mezze città: quella delle giostre, dei balocchi e la città delle istituzioni: la prima sempre fissa, la seconda provvisoria. Così ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento…. Qui resta la Sofronia dei tirassegni e delle giostre, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e la vita ricominci. A questo punto non posso fare a meno di pormi una banale domanda:
forse questa la città saggia?

EUTROPIA (Le città e gli scambi.); dal greco, dal grande sviluppo(ben sviluppata). Effettivamente questa città è molto sviluppata soprattutto in estensione: tante città, una diversa dall’altra, dove gli uomini si trasferiscono in comunità per rinnovare per poco tempo la loro vita sempre insoddisfatta. è dunque un’estensione inutile, dato che gli abitanti tornano a recitare le stesse scene con attori cambiati; ridicono le stesse battute con accenti variamente combinati; spalancano le bocche alternate in uguali sbadigli.

EUSAPIA (Le città e i morti .); dal greco e dal latino, il ben sapere, l’essere saggia. è strano come viene rappresentata la saggezza a Eusapia: gli abitanti per rendere più piacevole la morte hanno costruito una città identica a quella terrena, sottoterra, così che ormai, si dice, non si riesca a riconoscere quale sia quella dei vivi e quella dei morti. Il modo di agire degli abitanti di Eusapia è stato inutile e profanatorio. La smania di voler sapere tutto, più di tutti è una caratteristica e per meglio dire un brutto difetto del mondo attuale. Calvino l’ha voluta rappresentare in questo modo che è assai efficace e anche qui etimologia e narrazione corrispondono anche se inizialmente può sembrare di no; il tutto appare ironico.

PROCOPIA (Le città continue ); dal greco, tagliata prima, davanti. Con sottile ironia il narratore descrive i suoi soggiorni a Procopia.Qui non c’è nulla di "tagliato" o diviso, anzi sembra, è effettivamente ogni volta raddoppiato o per lo meno aumentato. Qui anche la scelta del nome ha il suo significato ironico nel racconto.

 PERCHE' LEGGERE QUESTO CALVINO...
PER IL MODO DI RACCONTARE

Ne Le città invisibili Italo Calvino racconta le storie in un modo molto particolare: una serie di blocchi narrativi indipendenti, inseriti in una conversazione che avviene tra Marco Polo, il narratore, e Kublai Khan, il destinatario della narrazione. La descrizione delle città, i cui particolari li coglie solo Marco Polo, è suggestiva: ognuna dunque  ha il nome di una donna e corrisponde a una tematica particolare....la città e i morti, il desiderio, il cielo, gli scambi, il nome, i simboli, la memoria…
Ne Le città invisibili c’è un gioco matematico: la numerazione disordinata di alcuni capitoli dimostra che non c’è alcuna cronologia da seguire e che la narrazione è sospesa in un tipo di narrativa fantastica  che si basa sulla premessa che la storia del mondo abbia seguito un altro corso rispetto a quello reale: si può iniziare dalla fine e procedere verso l’inizio o dall’inizio verso la fine o ancora a metà, in un gioco di libertà enunciativa che è molto interessante. Un po’ come quando si viaggia veramente: nessuno ci obbliga a scegliere un percorso piuttosto che un altro.

L’autore non lascia che in questa ragnatela il lettore  si perda, non lo abbandona mai: come delle bussole, i titoli dei capitoli lo conducono attraverso dei veri e propri percorsi tematici.
 Così, Calvino riesce a condurci  attraverso il labirinto di dubbi e quesiti che le città invisibili costruiscono. Labirinto in cui si perde anche la scrittura del romanzo che un momento sembra prosa, per poi mutarsi nell’istante successivo in poesia.
Le città di Italo Calvino, oltre ad essere invisibili, sono impalpabili, duplici, fatte di terra, aria, immondizia, materiali preziosi e, soprattutto, persone. Persone che con i loro atteggiamenti possono cambiare l’immagine stessa della città in cui vivono.





Giro d'Italia Letterario 17 agosto: a Bari con Carofiglio, Né qui né altrove , storie cariche di sentimenti

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INIZIATIVA  DI LETTURA
 UN' ALTRA TAPPA,  BARI  CI ATTENDE...
 
Gianrico Carofiglio
Né qui né altrove
Una notte a Bari
“Contromano”,
Laterza, 2008 


Cos'è l'amicizia, per l'autore:" L'importante tra amici non è quello che si dice ma quello che non c'è bisogno di dire"

In Né qui né altrovelo scrittore traccia  una mappa degli affetti ispirata dai compagni di liceo a Bari. L’idea originale di Gianrico Carofiglio era quella di redigere, attraverso la spinta della rimpatriata notturna, una specie di guida per raccontare la città, com’era e com’è, descrivere in modo ironico luoghi, locali, sapori baresi… Ma durante la stesura - ha affermato lo stesso autore - "i personaggi e i sentimenti hanno preso il sopravvento e la guida si è trasformata in un racconto sull’amicizia, sui ricordi di una vita, sullo spaesamento" divenendo l’opera più autobiografica e intimista scritta sino ad oggi dal papà dell’avvocato Guido Guerrieri e del filone legal thriller italiano. 
Storia di un'amicizia al maschile che attraversa il tempo e pone i protagonisti di fronte all'esigenza di archiviare un modo d'essere. Darsi l'uno all'altro con verità e con quella parte di dolore che l'esercizio della verità comporta.

"Mi chiesi quali altre cose su me stesso stavo per imparare" riflette l'io narrante, dopo che l'amico Paolo Morelli gli ha appena detto che, terminata la notte trascorsa ad attraversare la Bari della giovinezza e dei ricordi comuni, non si rivedranno mai più. 

"Perché, a parte il fatto che io non ho nessuna voglia di vederti di nuovo, ti informo che esiste la tristezza, esiste l'infelicità, le cose finiscono, si invecchia, ci si ammala e si muore. E ho una notizia: capiterà anche a te".


Superato l'incipit dei primi capitoli,la città DEVE  farsi da parte,  ritornare a essere il contenitore dei sentimenti. Anche  quello dell'amore, forse per la prima volta così dichiaratamente evocato da Carofiglio nelle sue pagine. 
"Ti amo. Sono un idiota ma ti amo". Anche l'io narrante, in molti tratti e circostanze combaciante con l'autore, ha un segreto di cui liberarsi. E la sua dichiarazione d'amore è per la ragazza francese lasciata andar via insieme con i sogni di un'esistenza diversa, avventurosa, in quell'altrove sconosciuto che dà il titolo al romanzo.
Ma Carofiglio nello scorrere della trama ammonisce: "Chi lo sa quanto i nostri ricordi dipendono dal ricordo e quanto invece dalla fantasia e dal nostro bisogno di confortarci. Con le bugie, con le illusioni, con le storie. Ma forse questo riguardava solo me".

ALTRI CONTRIBUTI




....Bari  vista anche dalla prospettiva gastronomica della focaccia
IN   Sulla mia scrivaniaPaola Borraccino così:"Sembra scritto sulla scorta della consapevolezza che ormai il pubblico compri qualunque cosa sia firmata col marchio di fabbrica Gianrico Carofiglio.."


In LIBRI DA LEGGERE  ..un libro veramente bello, che si fa leggere tutto d’un fiato, che si abbandona a fatica e nel quale si finisce inevitabilmente per ritrovare qualcosa del proprio vissuto, alcune sensazioni e pensieri che prima o poi ci hanno occupato la mente
 

Venerdì del libro, 22 agosto rileggendo Il perduto amore di Mario Tobino

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 VENERDI' DEL LIBRO CON MARIO TOBINO INSIEME 
un appuntamento per riaffermare che ...  leggere è libertà come amare o sognare...  
 - Pennac -

 
Ho riletto Il perduto amore,uno dei romanzi scritti dall'autore lucchese (QUI NOTIZIE AUTOBIOGRAFICHE), nel mio rifugio in Umbria, al fresco della passeggiata della Rocca

Mario Tobino, Il perduto amore, Mondadori, 1979

PREMIO STREGA
La prima edizione Mondadori uscì nel gennaio 1979 , seguita da una seconda edizione nel febbraio successivo. L’ho voluto riprendere in mano per una seconda lettura, perché Tobino graffia lo specchio dell’anima. Ma cosa è il perduto? Anche in amore può esserci il perduto? O c’è soltanto il vissuto? Forse è il vissuto che ci distanzia dal perdere gli amori e la vita. Così Pierfranco Bruni :”La letteratura è uno scordare e un ritrovare. Un dimenticare e un recuperare. Lo sguardo degli occhi sconfitti dallo specchio nella letteratura di Mario Tobino sono una costante esclamazione. Mai un interrogativo. Dirà in alcuni versi dedicati alla madre in una poesia “A mia madre”: “ero forte solo di pensieri,/ ricco solo d’amore”

AMORE...

Editable pictureL’amore di cui parla Tobino nasce in tempo di guerra sul fronte libico,la tragedia accade all’inizio, quando casualmente, nell’ospedale da campo 129, da una pistola di un tenente medico parte un colpo che uccide  un altro tenente medico. È l’occasione perché la bella, fatale”infermiera contessina Romana Augusta Ludovisi, detta  Dedé, e il protagonista, il tenente medico Alfredo, quello che delle volte zoppica un poco”, si conoscano. Alfredo (ancora una volta  personaggio autobiografico: con i propositi che si era sempre fatto di non sposarsi per dedicarsi alla sua passione letteraria”) è stato trasferito da pochi giorni al campo,  dal fronte marmarico, dove le schegge di una bomba lo hanno ferito, e mal si adatta a quella vita così differente: mancano il calore, la solidarietà, la confidenza presenti invece sul campo di battaglia: Non mi ci ritrovo in questo ospedale.” 
Soltanto quando fa visita ai feriti, che hanno combattuto come lui sul fronte, il suo carattere si trasforma e diventa gioviale, pronto  a scoprire e a sollevare l’animo dei soldati. Ritroviamo in questo ritratto il medico Tobino che visita le sue malate febbricitanti di follia nel manicomio di Lucca, amorevole e solidale, come era stato anche il tenente medico Marcello ne Il deserto della Libia

Eccoti Tobino, mi colpisci ancora per la sincerità della tua commozione e per la spontaneità del sentimento che ci trasmetti in ogni circostanza mediante la tua scrittura. Essa d’improvviso ne riluce, sprigionando quel personale baluginio in cui si fondono narratore e poeta:

 “Il tenente Alfredo era ogni mattina preso come da una ventata di frenesia e gli si sprigionava l’immaginazione. Questi erano gli uomini che lui amava, coi quali – persino in quella amara guerra – poteva nascere una sorta di felicità. 

Eccoti per il pensiero per  Dedé: Ancora mai si era detto se l’amava. Non si possono differenziare le due tue attitudini; esse sono alla base della singolare qualità della tua scrittura, sempre e pronte ad emergere e ad imporsi al lettore. 


Ma è così?  L’amore che nasce  deve restare nell’ombra, segreto?

 Erano anche tempi così intessuti, abitudini chiuse, il sesso una paura, la donna rinserrata, le confidenze spinose; la regola era darsi del lei.” 
Tra le tribolazioni della guerra, le atrocità e la tristezza dei sentimenti, tu Tobino scegli, dunque, di far sbocciare il fiore tenero dell’amore. Lo prendi per mano,  ne hai gelosa cura. Ne accudisci il seme, ne vigili trepidante la crescita: 

I suoi soldati, laggiù a Tobruk, erano ormai come in un cannocchiale guardato alla rovescia. Nella coscienza di Alfredo regnava, cioè imperava, la crocerossina Ludovisi.” 


Eppure la guerra non è lontana. Un aereo nemico mitraglia il campo, facendo dei feriti.


La critica   mi ha ricordato che il perduto amore, questo delicato sentimento che affiora lungo il romanzo e lo addolcisce dalle miserie della guerra, acquista  un significato ben più alto di un occasionale innamoramento di due individui che s’incontrano e si corteggiano. Esso si pone come il punto di riferimento più alto, il solo che possa avvilire, se non addirittura annientare, gli orrori della guerra, il solo che resti nel tempo a risarcire ed illuminare una vita: 

L’amore tra la Dedé e Alfredo continuava; era divenuto diafano. A lungo si guardavano, si sorridevano, si sfioravano le mani. I baci erano radi; le labbra si premevano leggere. I corpi non si avvinghiavano.”  

 E poco più avanti:

 “E allora spontaneamente accadde che si misero a sognare un ritorno in Italia, dove finalmente si sarebbero potuti a lungo, a lungo abbracciare. 

 Il ritorno in Italia avviene grazie alla intercessione della infermiera Ristori, bella e giunonica, dallo sguardo assassino”, di cui è innamorato il colonnello Guidiccioni, che questa volta aiuta Alfredo a rimpatriare. Faranno il viaggio insieme.

 Sopra tutto sta   il perduto amore. Tobino tratta l’amore (è nato un fiore sentimentale”) con pudicizia, e più che l’amore dei sensi, è  l’unione dei sentimenti che egli esalta. Anche nel momento in cui il legame tra Alfredo e Dedé si attenua, egli mantiene quel filo tenero e discreto che mette in comunicazione due anime. Quando l’amore sarà finito:  

Ora tutti e due hanno i capelli bianchi, le rughe, spesso un mesto sorriso. Se per caso un giorno si incontrassero l’autore pensa che andrebbero l’uno verso l’altra guardandosi senza alcun rancore.”


 COSA RESTERA' ??
 
Per Tobino  la letteratura è qualcosa di più profondo che ha radici nell’anima e richiede una vita di sacrificio, una dedizione assoluta. Egli  affiderà alla letteratura la sua vita. Vivrà, solitariamente, nella sua cameretta del manicomio di Lucca, avendo per compagni le sue letture e i personaggi dei suoi romanzi; si circonderà di pochi privilegiati amici coi quali discorrerà di arte. Il perduto amore”è, così, anche, la determinata dichiarazione della propria irrevocabile scelta, della propria vocazione e del proprio sacrificio. Così che, nel momento in cui Alfredo decide di non rispondere ad una lettera di Dedé, che finalmente dichiara di amarlo, Tobino scrive: 

Avrei inoltre messo a rischio il mio lavoro, quello che davvero mi cuoce, messo in forse la libertà, non più secondo il mio piacere stare solo oppure in mezzo a una vociante compagnia, essere triste o allegro come mi viene. Quello che amo è non dipendere da nessuna convenienza, compagno di ricchi o poveri come la mia anima detta.”


LE LETTURE DI SIMO : PORTA IN VACANZA UN LIBRO... @ 2

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PER CHI SEGUE IL MIO BLOG..... siamo entrati nella prima settimana di Luglio, tempo di vacanze per alcuni di noi!
...prepariamo la valigia con gli indumenti giusti, ma c'è un oggetto che non manca mai nelle valigie degli italiani: il libro.
Nonostante quasi il 40% degli italiani dichiara di non aver letto neanche un libro negli ultimi 12 mesi, l'estate è il periodo in cui si vendono più libri, soprattutto le edizioni tascabiliche si trovano anche in edicola.

...PER VOI....


- Ernesto Assante e Castaldo Gino, Il tempo di Woodstock,

Edizione: 2009 - Collana: i Robinson / Letture


Rivivere un sogno, un grande sogno collettivo, simbolo di un'epoca e di una generazione. Il tempo è il 1969, estate. Protagonisti gli hippies, i "figli dei fiori" che animarono il più grande festival della musica mai organizzato, dal 15 al 17 agosto 1969, a Bethel, una piccola città rurale nello stato di New York, nelle campagne della costa est degli Stati Uniti. Racconto di un’epoca che è culminata in Woodstock, evento che forse ha decretato la fine di un sogno.
IO C'ERO ...



- Georges Simenon, Tre camere a Manhattan,Traduzione di Laura Frausin Guarino,Biblioteca Adelphi

Non tutti conoscono gli altri romanzi scritti da questo genio della letteratura, il quale era capace di completare un intero romanzo in un solo mese, questo è stato  scritto negli Stati Uniti nel 1946, diventato  nello stesso anno un manuale dell'amore e della coppia.

" In una notte qualunque, tra le strade di una città come New York, fitta di trame e passioni, i due protagonisti rivivono tutte le fasi di una relazione lunga una vita intera. Anche noi, che ci innamoriamo nella vita fuori dei libri, senza rendercene conto diventiamo protagonisti di una trama vecchia anni e anni: viviamo le passioni, le fughe, l'angoscia e la paura di perderci, la gelosia.!"da LIBRERIAMO
  

 

Maurizio De Giovanni, In fondo al tuo cuoreEinaudi. Stile libero big, 2014


http://www.libreriauniversitaria.it/fondo-cuore-inferno-commissario-ricciardi/libro/9788806203443Il  nuovo romanzo ha come  protagonista il commissario della Squadra Mobile della Questura della Regia Polizia di Napoli degli anni trenta. Il libro ci porta in una Napoli nella morsa della calura di luglio e in  preparativi per la festa della Madonna del Carmine, una delle più sentite in città. A turbare questo spirito allegro è la morte un noto chirurgo impegnato  nell’aiutare spesso gratuitamente le famiglie meno benestanti.
Se state cercando qualche libro da portare con voi in vacanza, anche la criticaraccomanda questo libro...


  Gianrico Carofiglio, Una mutevole verità, Einaudi, 2014, Collana Stile libero big

 http://www.ibs.it/code/9788806220525/carofiglio-gianrico/una-mutevole-verita.html Il protagonista è un carabiniere, il maresciallo Pietro Fenoglio: non è un caso, visto che siamo nel bicentenario di fondazione dell’Arma. Questo ex pm non sembra neanche un ex pm, visto che possiede le doti dell’umorismo e dell’autoironia: «Cerco di far capire che l’autore non si prende troppo sul serio. L’autoironia è un antidoto all’imbecillità, della quale siamo tutti affetti, io per primo»da La Stampa

 

 

Astrolove. Amori zodiacali 

Chi può renderti felice e chi può rovinarti la vita in base al tuo (e al suo) segno di nascita. Antonio Capitani,  'Astrolove'(Sperling and Kupfer, ), guida per scoprire con quale segno ci si può lasciar andare, e quale segno, invece, lasciar andare per la sua strada.
 AstroLove prende in considerazione tutte le centoquarantaquattro accoppiate zodiacali, dodici per segno, e spiega  quali dinamiche si creano all'interno di ogni coppia stellare. Amori travolgenti e odi insanabili. Larghe intese e lunghe contese. Miscele incendiarie e fusioni a freddo. Antonio Capitani interpella per te gli astri e orienta  nella scelta del partner, dell'amante, dell'amico e di qualunque altro compagno di viaggio in questa vita. E vivere felici e contenti, anche  a periodi... il che è già un risultato. Da questo libro nasce è nata l'omonima trasmissione televisiva, condotta da Antonio Capitani, in onda su Real Time.    



Alice Clayton, Mr Sbatticuore.Titolo originale: Wallbanger, 

Editore: Mondadori, 2014 
http://www.hoepli.it/libro/mr-sbatticuore/9788804643524.htmlPer tutti gli amanti delle commedie romance, adattissimo a schiamazzare sotto l'ombrellone e per addormentarsi con un sorriso dopo averle letto le sue pagine! Un romanzo narrato con la voce divertentissima di Caroline, che vi conquisterà fino a piegarvi in due dalle risate.
Il  primo romanzo della serie Cocktail di Alice Clayton.  Ogni tanto si ha proprio bisogno di letture  divertenti, ironiche... una  storia  fresca, frizzante, con Caroline che trasmette energia positiva e che ti contagia per tutto il libro anche per  l’evoluzione della  love story ...
 

Alessandro Robecchi,Questa non è una canzone d’amore Editore Sellerio,2014. Primo romanzo della storica firma di Cuore e de il manifesto, corsivista di lunga data e autore televisivo di Crozza. 
http://www.ibs.it/code/9788838931734/robecchi-alessandro/questa-non-una.htmlCarlo Monterossi, il protagonista del romanzo, non è mai stato punk, ma si sente un po’ come John Lydon ex Rotten si sentiva nel 1983, ed è per questo che il libro ha questo titolo. A  lui piace molto Bob Dylan, e quando gli sparano mancandolo , il proiettile si conficca  in mezzo agli occhi del Menestrello di Duluth, che  sta appeso al muro di casa sua,  poster originale del 1964 conservato  come una reliquia. Il dettaglio è importante, perché la soluzione di questo ingarbugliato giallo  avrà a che fare con oggetti che arrivano dal passato, diventati  preziosi  da un culto insano "dei feticci della Storia.  "

 


 Alessandra Sarchi,L’amore normale Einaudi, 2014.
Il romanzo borghese contemporaneo,scandaglia l’intimità delle persone con in ballo il tema del matrimonio come istituzione e viene da chiedersi: è in crisi per colpa del cinismo della società contemporanea, del materialismo dominante che mette al primo posto le preoccupazioni economiche o semplicemente le persone  si rendono conto dell’ipocrisia e dell’assurdità che portano a voler istituzionalizzare i sentimenti e sterilizzarli con tutte le volgarità del matrimonio? Se si avessero la maturità e l’intelligenza necessarie i rapporti umani potrebbero essere, fuori da limiti burocratici o religiosi, liberi e autentici.
 .
E per gli amanti del giornalismo? 


Tiziano Terzani, Un’idea di destino,Diari di una vita straordinaria Longanesi, collana Nuovo Cammeo, 2014.
http://www.ibs.it/code/9788830439481/idea-destino-diari/terzani-tiziano.html

 Un libro che racconta cambiamenti importanti della nostra Storia  mostrando anche le riflessioni più  personali di un uomo che l’ha vissuta e ne ha potuto testimoniare brutture e bellezze. Un testo puntuale nella narrazione dei fatti e profondo nei commenti personali, nello stile unico e inconfondibile.  La moglie di Tiziano Terzani, ha raccolto i suoi appunti inediti relativi ai viaggi in Thailandia, in Russia, Indocina e in altre parti del mondo, dando  vita a questo libro  che, grazie agli aneddoti e alle riflessioni dell’autore, ci danno la possibilità di addentrarci nella Storia che ha cambiato le sorti di molti popoli.



...anche qualche libro  di food merita di venire con noi in vacanza. Da leggere, da sfogliare, anche solo da guardare ..

 
 John Schlimm,Grigliate vegan style, 125 ricette alla fiamma ed ecosostenibili

 coperitna di Grigliate vegan style
 Il gourmet vegano John Schlimm ha saputo adattare, ricreandole, le  classiche ricette alla fiamma, tipicamente americane, e le suggestioni gastronomiche da tutto il mondo.  Dalle principali tecniche di barbecue, agli utensili indispensabili, alle modalità di cottura, alle precauzioni da prendere e ai trucchi per un barbecue di successo; insieme  a  125 ricette succulente, 100% cruelty-free.
 

 



http://assets1.deastore.com/covers/978/886/753/batch3/9788867530328.jpgDelphine De Montalier, Crudo» – 115 ricette freschissime, edito Guido Tommasi.
Fonte inesauribile cui attingere per soddisfare  desideri di mangiare sano e fresco..
Consigli allegri, gioiosi, colorati, croccanti... e attenzione a ciò che mangiamo!

 

 

 

 

 

 

Max Mariola,Lo chef in tasca – Ricette per l’estate”(Laterza).

http://www.ibs.it/code/9788858108369/mariola-max/lo-chef-in.html?gclid=CjwKEAjwiumdBRDZyvKvqb_6mkUSJABDyYOz71WT9OAKVYf-_kJ0IXYOTEtfMs04yNlpRT91AYRObhoC0bvw_wcBL'autore si mette dalla parte di chi ama mangiare bene ed immagina diverse situazioni. 
Il punto d'arrivo è un menù in cui a  cambiare è ogni volta il punto di partenza: la necessità di arrangiarsi con quello che c'è, creando piatti eccezionali con gli ingredienti a disposizione, disponibili nel luogo dove ci si trova o anche sfruttando gli avanzi





 

http://www.hoepli.it/libro/cucina-con-il-trucco/9788837092214.htmlCaterina Giavotto, Enrica Melossi e Daniela Vitta, “Cucina con il trucco”,(Mondadori) libro ideale per chi vuole ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo e sentirsi, almeno per una volta, un cuoco provetto. <simpatico il sottotitolo, Ricette furbe e consigli diabolici per sembrare un vero chef anche se non hai mai tenuto in mano una padella
 Le 80 ricette sono  divise in tre capitoli: ricette ‘furbe’, ‘spudorate’ e ‘diaboliche’, per chi  vuole preparare una cena degna di un vero chef in un lampo e con il minimo sforzo, con poche idee semplici ma geniali!
IMPORTANTE: le autrici devolvono tutto il  compenso ricavato dalla vendita alle  associazioni onlus: CasaOz di Torino e Vidas di Milano.


Rita Tersilla,Cucine di strada.(Edizioni Estemporanee
http://cdn3.www.agrodolce.it/wp-content/uploads/2014/07/foto5-640x480.jpg50 ricette sfiziose da mangiare con le mani, luoghi e cibo popolare in Italia 
Ricette non solo nazionali - tra gli internationali Fish and chips, Falafel, Pakora, Pollo fritto, Souvlaki, Tacos, Tamales, Crepes - , che raccontano un modo di mangiare rimasto spesso  invariato nel tempo,  una forma di resistenza gastronomica legata alle tradizioni e alla cultura del territorio.




La raffinata arte di scrivere…di Severgnini per il 7° Appuntamento di Porta un libro con te

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Per il 7° appuntamento con la mia Rubrica Porta un libro con te, (QUI TROVI GLI  APPUNTAMENTI PRECEDENTI)

...la raffinata arte di scrivere…di Severgnini



 La vita è un viaggio, Severgnini B., 2014,Rizzoli  (collana Saggi italiani)

"...non è il lettore che non capisce, è lo scrittore che non si è spiegato”....e bravo Severgnini

Il giornalista  dedica idealmente  il suo nuovo libro-saggio
 “a tutte le ragazze e i ragazzi italiani, tra dieci e cent’anni


http://www.beppesevergnini.com/wp-content/uploads/2014/05/la-vita-e%CC%80-un-viaggio-2-copia-300x200.png


Nel seguire le analisi critiche a questo originale (come sempre) libro di Severgnini, il giornalistaAlberto Infelise  su La stampa, invita :” ...per guardare a questo nuovo viaggio di Beppe Severgnini bisogna partire dalla fine. Nel «Sipario», il capitolo che chiude La vita è un viaggio, c’è l’audace invito ad abbracciare una vertigine, un paradosso, forse una metafora, o ancora una scusa. La sindrome del colonnello Kurtz, quello di Cuore di tenebra di Conrad, lo stesso (o quasi) di Apocalypse Now di Coppola. È la personificazione dell’uomo (della società) che perde se stesso per incapacità di aprirsi al mondo che cambia, alle proprie sconfitte, accecato da un momento di grandezza che la prosopopea ha reso infinito. Il viaggio di Severgnini appare esattamente questo: la fuga dalla fuga, il disperato tentativo di lasciare il ridotto del Mekong nel quale (come Kurtz) troppe volte il nostro mondo sembra si sia rinchiuso”.


Chi mi ha spinto a leggere questo viaggio (perché si legge in un fiato!!!) è stato Matty,
 
uno dei miei figli, pronto alle novità librarie di vario genere ed infatti mi ha detto:"...vedrai che ti piacerà...'sto giornalista esamina  la maniera con cui altre nazioni e persone affrontano i problemi con cui tutti dobbiamo fare i conti, e trova suggerimenti per migliorarci... un viaggio  anche quello all’interno di un buon libro, di una bella canzone o di un film affascinante, e La vita è un viaggioè ricca di citazioni e di suggerimenti per chi legge,  da Bruce Springsteen a Cesare Pavese, da Alice Munro a Martin Scorsese, da Lucio Dalla e Jackson Browne a Don Lorenzo Milani ..."
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Scrive l’autore:“La vita è un viaggio, e gli italiani viaggiano soli”..... 

UNO STRALCIO... 

 "Com'è difficile trovare chi ci guidi, chi ci incoraggi, chi ci accompagni. La politica parla di se stessa in maniera compulsiva (i nuovi arrivati saranno diversi dai predecessori?). La classe dirigente, non da oggi, sembra diretta verso destinazioni misteriose.
Faticano la scuola e l'università, private di risorse, colpite da abbandoni e calo d'iscrizioni. Anche il mondo del lavoro – soffocato di regole, schiacciato da imposte e contributi – sta perdendo la funzione formativa. Ogni tentativo di inserire nuove forze – non soltanto giovani – si scontra con difficoltà legislative e burocratiche, come dimostra la fallita riforma dell'apprendistato. Reggono le associazioni e il volontariato, per fortuna. Resta la famiglia: fin troppo. Non è normale che il 61 per cento dei giovani tra i diciotto e i trentaquattro anni – quasi sette milioni di persone viva  ancora con almeno un genitore. Non è tranquillizzante vedere madri ansiose e padri spiazzati, distratti o in libera uscita.
Ecco com'è nato questo libro: dalla speranza di poter essere utile. Non prometto soluzioni. Offro solo alcuni suggerimenti sul bagaglio, qualche indicazione sui mezzi di trasporto, un paio di avvertimenti sui compagni di strada.

Non aspettatevi resoconti di traversate avventurose. Parleremo invece di scelte, di atteggiamenti, di comportamenti, di insidie da evitare e di consolazioni a portata di mano. Di ciò che c portiamo dietro, e magari potremmo abbandonare. Di quello che abbandoniamo, e invece dovremmo portare con noi.
Mi illudo, dopo tanti anni di arrivi e partenze, d'aver sviluppato una certa competenza. La prima regola – condivisa da viandanti ed esploratori di ogni epoca – può sembrare banale: viaggiate leggeri. Vale anche per il viaggio che vi propongo. Per partire non servono troppe parole: ne bastano venti, come i chilogrammi di bagaglio consentiti in aereo (classe economica). Venti vocaboli in grado di accompagnarci e orientarci.
Cosa portare, dunque?
Un atlante, per cominciare. Serve a capire come arrivare dove vogliamo arrivare. Ci sono molti modi di attraversare gli anni. C'è chi ama lasciarsi trasportare, come un turista; e chi vuole scegliere, come un viaggiatore. C'è chi s'affida a un gruppo e a un capo, e si limita a fare ciò che gli viene detto. C'è invece chi osserva, ascolta, annusa, assaggia, tocca: e impara a ragionare con la propria testa.


 
Abiti mentali adeguati. Per esempio, la convinzione che sintesi e precisione siano qualità indispensabili, in questi tempi affollati. Viva la brevità e l'esattezza, dunque. Spontaneità e pressappochismo sono cose diverse: la prima attira il prossimo, il secondo lo respinge.
La consapevolezza che ognuno di noi – non importa quanto adulto, quanto affermato, quanto maturo – ha bisogno costante di incoraggiamento, insegnamento, ispirazione. Il mondo è pieno di cattivi maestri; ma ne esistono di ottimi, nella scuola e nel lavoro. È bello frequentarli e conoscerli di persona. Talvolta, però, è sufficiente leggerne e imparare da loro.
La capacità di rinunciare, quando occorre. Oggetti, abitudini, idiosincrasie, passioni che diventano ossessioni: sono molte le cose di cui rischiamo di diventare schiavi.
La gioia di impegnarsi con gli altri e, magari, per gli altri. La saggezza di trovare soddisfazione nelle cose semplici.
L'intelligenza di capire che ogni generazione deve far spazio alle generazioni successive. Chi viene prima deve lasciare il passo a chi viene dopo, i lamenti davanti alle novità sono patetici e prevedibili.
La grazia nell'uscita di scena, sapendo che nessun viaggio e nessuno spettacolo – neppure il nostro – dura per sempre.
Queste riflessioni non sono destinate a una categoria o a una generazione: siamo tutti viaggiatori della vita. Viaggiatori solitari, in Italia più che altrove. Forse perché siamo individualisti, intelligenti, intraprendenti, e l'idolatria dell'io che domina questo inizio di secolo ha trovato, presso di noi, terreno fertile. O forse ci sono altri motivi. Per esempio, il sospetto verso tutto ciò che è comune e condiviso. Un sospetto che furbi e disonesti hanno coltivato e sfruttato per i loro scopi.
Da molti anni – da quando faccio il giornalista e lo scrittore – provo a capire come siamo fatti noi italiani. L'ho raccontato in migliaia di articoli, centinaia di incontri e una dozzina di libri, in Italia e all'estero. Non ho mai detto – e non dirò mai – come dovremmo essere. Ma cosa potremmo diventare, questo sì."



CHI CE LO CONSIGLIA...

 

Ti fa sentire in difetto, in maniera piacevole ovviamente, perché vorresti essere lì, nei posti raccontati e descritti con il suo stile puntuale, preciso, e sempre piacevole


"..Beppe Severgnini cerca di comprendere il nostro tempo, guardando alla vita sempre con il bicchiere mezzo pieno. Siamo stanchi, scrive, di parlare solo di crisi e di fallimenti, è ora che i giovani si diano una mossa per contrastare l’immobilismo italiano. In questo libro prende spunto di volta in volta una parola e ci scrive sopra

 "...suggerire strategie grandi e piccole per compiere il viaggio in modo positivo, affinchè che non si trasformi nè in una comoda scappatoia nè in un momento complicato e pericoloso....




"il "capitolo 14 - Resilienza" che viene definita (tra le tante definizioni) come "la capacità di affrontare le avversità, di superarle e rimanere se stessi".
 
Parola d'ordine è quindi "cambiamento", che viene inteso anche come innovazione e ribellione come viene citato nel "capitolo 9": "L'umanità cambia per ribellioni e incomprensioni. Se i figli facessero tutto quello che vogliono i genitori, il mondo sarebbe indietro di secoli (nonché estremamente noioso)".

Venerdì del libro 29 agosto con i Soggetti smarriti (Questi non sono i Promessi sposi) di Mazzardi

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PER L'ULTIMO VENERDI' DI AGOSTO, L'APPUNTAMENTO CONQUELLI DEL  VENERDI' DEL LIBRO, MI TROVA ALLE PRESE CON UNA SINGOLARE PROPOSTA DI LETTURA-



Il testo è di Enrico Mazzardi, Soggetti Smarriti, Ass. culturale «Il Foglio», 2011  


 Mi ha parlato di questo libro la mia amica Ernestina
 

  che ha assistito a Brescia alla presentazione e mi ha fortemente insuriosito:" Sai, Rezzato, Tridente: sfida a suon di racconti, 26 giugno 2013
Enrico Mazzardi, l'autore, è un giovane nato  nei dintorni di Desenzano del Garda nel 1983, scrive testi di varia lunghezza, a seconda dei casi, come piace a me!!!. E questo originle suo primo libro, Soggetti smarriti (Questi non sono i Promessi sposi)è da leggere!"



Potrebbe interessarti: http://www.bresciatoday.it/eventi/cultura/rezzato-tridente-26-giugno-2013.html
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Il libro...come me lo ha presentato la mia amica

L'autore  si è fatto una domanda che incuriosisce chi ama   la lettura: ma i personaggi, quando il romanzo finisce, che cosa fanno?  Mazzardi ha provato a mettersi nei loro panni e ha stabilito che la loro vita, una volta concluso l’impiego come personaggi, non dev’essere facile.
Per Mario Abbondi, meglio conosciuto con il nome di Don Abbondio – personaggio che ha interpretato per alcune centinaia di pagine, su ingaggio del signor Manzoni-, è dura andare avanti quando tutti, in paese, lo additano ridacchiando. “Quel libro mi ha rovinato la vita”, confessa, depresso, lui
 
 
I personaggi letterari su cui c’intrattiene Mazzardi, per quanto riconoscibili nel nome,   sono solo un pretesto, uno stratagemma per imbastire storie curiose, insolite e anche un po’ sconclusionate, quasi al limite del nonsense, un condimento che per altro, spalmato delicatamente e a piccole dosi sulle pagine di un testo letterario, ha spesso il merito di creare "una vertigine balsamica, un piacevole stordimento".




Giro d'Italia Letterario 30 agosto...Piero Chiara ed Il piatto piange...

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CON IL Giro d'Italia Letterario, il    30 agosto...SONO A LUINO, Piero Chiara   illustra il proprio romanzo 
Il piatto piange... 
 
 
Questo romanzo ha le  caratteristiche proprie del neorealismo, con un’ambientazione della vita di paese, nell’arco temporale  fra le due guerre, di  rilevante importanza sociologica.
E’ un mondo chiuso, direi  addormentato:  la vita scorre ancor più monotona anche per effetto del regime fascista che tende a impedire ogni novità. In quest’atmosfera di una stasi  quasi logorante, gli accaniti giocatori di poker o chemin de fer trovano nel gioco delle  carte un’evasione, quasi una forma di "primordiale ribellione". Gli unici eventi, quindi, che si staccano dalla monotonia  quotidiana  sono le interminabili partite, con le battute nei confronti dei perdenti, oppure le avventure boccaccesche, anch'esse una specie  di gioco per rivendicare la propria caratteristica  di uomini fondamentalmente liberi.
Si entra in un clima ovattato, fra le montagne e il lago, vengono delineate diverse storie, una varietà di personaggi, ognuno con pregi e difetti, ma soprattutto con caratteristiche del tutto proprie.
 

 
Troviamo così il biscazziere Sberzi, disposto perfino a giocare se stesso, Mammarosa, la tenutaria del bordello del paese, descritta quasi con  tenerezza come una delle istituzioni del luogo, l’anonimo Camola, se pur nell’intimo misterioso, e il Casanova  Tolini.
E’ tutto un mondo proprio di un’epoca e che verrà spazzato via dalla seconda guerra mondiale e dalla Resistenza, tanto che i due personaggi più tipici e anche più forti, il Camola e il Tolini, moriranno in circostanze diverse, ma in seguito a una zuffa con i tedeschi.


Questo romanzo l'ho riletto a distanza di anni  per questa iniziativa del Giro d'Italia Letterarioe vi ho ritrovato, come sempre,  un’estrema piacevolezza, come riscoprire una diversa civiltà, ora perduta, una specie  di archeologia letteraria che Piero Chiara ha saputo e voluto farci conoscere.
Egli è narratore autentico con il gusto diretto del racconto ed è rimasto tra i pochissimi  scrittori  italiani che ha  l’impareggiabile  grazia  del narratore puro: rende semplice e accessibile anche ciò che apparentemente risulta complesso,  incanta  con garbo il lettore fin dall’inizio, tiene viva la sua attenzione e lo intrattiene  piacevolmente per tutta la durata della lettura.
 Il teatro dei suoi personaggi  e lo spazio ideale della narrativa di Piero Chiara è spesso la nativa Luino e dintorni, a lui cara,  o i paesini che costeggiano le rive del lago  Maggiore, all’estremo nord della Lombardia,   vicini al  passaggio di frontiera italo-svizzero.
 
http://www.ininsubria.it/un-tour-nella-luino-di-piero-chiara~A10512


Una chiave universale per  le sue opere letterarie?
  
...per lui scrittore luinese, tutte le cose, gli eventi più banali,  che  accadono in quei luoghi sono  gli stessi che accadono in tutti i luoghi della terra, solo che  lì nel suo mondo, insomma, navigando tra le onde  e lo sfondo del Lago Maggiore, tra  l’affollarsi  di storie dopo storie, Chiara li può osservare con l’occhio limpido e curioso della narrativa  e  diventano “fatti” e in quanto tali sono rigorosamente da raccontare.
 
Raccontare per me” spiegava Piero Chiara “è una liberazione e insieme una verifica, un modo per rivivere le cose e capirle. Quando non avevo ancora ricnosciuta la mia vocazione alla letteratura, la sfogavo raccontando ai miei amici le mie avventure. Non a caso il mio libro fu ascoltato prima che letto da Vittorio Sereni in un caffè di Luino."



Chiara e il  suo laboratorio di scrittura...

Gli amici letterati, scrive Renato Minore,  lo avevano spinto, non più giovanissi­mo, al gran passo del roman­zo. In principio esisteva il grande affabulatore di storie, il provinciale adagiato nel suo vitalissimo ozio, il poeta (ma chi non lo è in pro­vincia?), l'intellettuale di for­mazione  libera, capace di molte curiosità e spigola­ture. Romanzo d'esordio Il piatto piange del 1962 la cui affettuosità critica del lancio è opera di  Vittorio Sereni (convinto che il suo amico d'infanzia dovesse saltare il fosso dell'oralità per cui era proverbiale a Lui­no). Ed emerge il tema di fondo del libro, «il ricantamento, nient'affatto crepuscolare o patetico, della giovinezza», un mondo fra cronaca, saggio di costume e narrazione distesa. E, ciò che più conta, il suo «to­no»: un acido leggero,  tra riflessivo e giudicante, come «il rendiconto amaro di un tempo perduto, di quello che è mancato a una generazione».
Ed ecco  il grande scrittore, pro­piziato da altri scrittori. E gli esiti sono per una volta an­che superiori alle attese:  Chiara ottiene su­bito i tantissimi lettori cui aspirava come naturale allargamento della sua audience da caffè. Tutti compresi nelle atmo­sfere «lacustri» dei personaggi tratteggiati,  nell'affannarsi dei personag­gi stessi tra amori furtivamente colti e piccoli intrighi visti sempre con una specie di vigi­lante bonomia, tasselli dentro una scacchiera dal  fon­do scuro (la vita, il destino, lo scorrere del tempo e il di­sordine delle azioni indivi­duali). Una «commedia uma­na» in cui il narratore entra ed esce con distacco e con li­bertà, con partecipazione, con ironica disponibilità dando  un sen­so,  proprio quello del rac­conto, dell'«ora ti conto un fatto».

In omaggio a suo padre, il  doganiere siciliano Eugenio Chiara,  ben vivo pur se ultranovantenne, nella primavera del 1961 il figlio Piero  volle compiere un lungo viaggio che lo riportò nel borgo delle Madonie, Resuttano, tante volte visitato nelle estati dell’infanzia. Dagli appunti presi nell’occasione venne fuori  un lungo reportage, ricco di ricordi, pubblicato da Vallecchi dal titolo Con la faccia per terra. Dal padre, lo scrittore aveva preso una eccezionale bravura nel racconto orale, che mostrava  volentieri nelle riunioni conviviali, sollecitato dagli amici a rievocare i mille episodi vissuti nel corso di una gioventù spregiudicata, trascorsa nelle cerchie più svariate. In una di quelle serate, alla fine del 1957, tra gli ascoltatori figurava appunto   Vittorio Sereni (coetaneo e amico di Chiara, come lui nato a Luino), che lo spinse a mettere per iscritto le affabulazioni dalle quali era rimasto stregato. Ne scaturirono due racconti in forma di lettera, pubblicati sulla rivista Il Caffè nel 1958 e nel 1959. Fu questo il primo nucleo del Piatto piange, il primo romanzo di Chiara, stampato dalla Mondadori nella primavera del 1962.

"I suoi personaggi, anche se a prima vista grotteschi, stralunati, intrisi di guasconeria , cialtroni da osteria  e dal regno delle bische clandestine, pur allineati non diventano mai macchiette, ma si distinguono e si muovono,  anche per poco e per rapide apparizioni in un abile incastro  della società popolare lombarda, sulle strade della sua  Luino, in paesi più o meno importanti della Valcuvia,  sulle sponde del lago Maggiore  o  nello sfondo di paesi  come  Laveno, Cannobio, Stresa,  Intra  e Arona. Di qui i suoi libri, le sue storie  di cui parla  il romanziere luinese, con accenti spesso brulicanti  e vivi  con una naturalezza sorgiva  di sfumature e di effetti  che scandiscono  storie universali  e comuni a  noi tutti.  I lettori furono colpiti  tra l’altro da una profonda  e sorprendente  scrittura fluida  e godibile, riflessione di storie  spesso calibrate, brevi narrazioni di poche pagine, intrecciate a volte vivacemente comiche, ma capace di comunicare anche dei  comuni sentimenti.



Va subito detto che sulla scacchiera della provincia,  Chiara dispone soltanto pedoni, che muove con precisione, nella convinzione che le vite degli uomini non famosi garantiscano al narratore combinazioni di inarrivabile varietà e interesse. Non soltanto da vicino – come è noto – nessuno è normale, ma tutti custodiscono il loro bravo segreto. In effetti, nelle opere di Chiara si stenterebbe a scovare un personaggio irreprensibile.
Il titolo del romanzo si deve all’importanza conferita al tema del gioco d’azzardo: il libro si apre sulle nottate consumate negli anni Trenta al tavolo del poker, nei sotterranei di un albergo affacciato sul lago. Il tema di fondo è lo scandalo, l’umiliazione del perbenismo, sistematicamente incenerito alla fiamma delle frustrazioni e degli istinti, come già lascia intuire il memorabile incipit : 

«Si giocava d’azzardo in quegli anni, come si era sempre giocato, con accanimento e passione; perché non c’era, né c’era mai stato a Luino altro modo per sfogare senza pericolo l’avidità di danaro, il dispetto verso gli altri e, per i giovani, l’esuberanza dell’età e la voglia di vivere. Nei paesi la vita è sotto la cenere». Si tratterà allora di rimestare le braci con instancabile premura.

   UNO STRALCIO SIGNIFICATIVO...

"COSÌ ANDAVA LA VITA"

"A mezzogiorno iniziammo la discesa per i colli verso Luino...
Non s'incontrava nessuno né per le strade né per i campi; e passando, onde accorciare la strada, tra filari di vigne spoglie, profittammo della solitudine per accosciarci a qualche metro l'uno dall'altro e far quello che avevamo sempre rimandato durante tante ore di gioco.in quella posizione si vedeva Luino a filo terra e la sponda arquata che si slanciava, leggera e vaporosa, nel lago punteggiato di barbagli. Qualche nebbia saliva d'intorno tra i roccoli. E il Peppino, con la sua voce chioccia da tedesco, e stentata per la posizione del corpo, diceva:'Ma tì, ma tì, guarda come l'è pur anca bel a fa sta vita! Giugum, magnum,un quai danée ghe l'èmm semper, lavurum pok o nagòtt, quant ghè de cudegà cudégum, pàssum l'inverno al kalt, d'està 'ndemm a nodà. E adess semm chì a vardà 'l laag cun la bel'ariéta fresca in sui ciapp!' E dopo una pausa per prendere fiato, la sua risata secca di arpia appollaiata, senza eco nell'aperta campagna. Così andava la vita in quei tempi e così andò ancora per anni, da una guerra all'altra, mentre altri fatti, altre gioie e tristezze venivano a complicare l'esistenza di quei giocatori".

da 'Il piatto piange', 1962, Mondadori


...IO LA PENSO COSI'

...  a  questa mia preferenza verso il romanzo di Chiaracredo  non poco contribuisca l’aver scoperto allora come oggi, come sia possibile scrivere di eventi, del tutto normali, in modo semplice, ma efficace.




APPUNTAMENTO - RUBRICA "Porta un libro con te": un classico, Zola e "Roma".

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QUI TROVATE NOTIZIE SULLA RUBRICA 

SETTEMBRE, "Porta un libro con te": 
un classico, Zola e "Roma". 
Autore: Émile Zola
Titolo: Romaedizioni Bordeaux, Roma, 2012

 INDICARE LA LETTURA DI UN CLASSICO VUOLE UNA PREMESSA...D'AUTORE

Il 28 giugno 1981, su l’Espresso, uscì un articolo di Italo Calvino: Italiani, vi esorto ai classici. In esso lo scrittore elencava dei punti a favore della lettura dei classici letterari cercando ANCHE di definirne la natura.

Il classico è nuovo che resta nuovo per sempre

 1. I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: "Sto rileggendo ..." e mai "Sto leggendo ..." 
2. Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli. 
3. I classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando s'impongono come indimenticabili, sia quando restano nella  memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale. 
4. D'un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima. 
5. D'un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura. 
6. Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
7. I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume). 
8. Un classico è un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso.
9. I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.
10. CLassico é un libro che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani.Un livre de chevet, un libro per la vita. 
 
"ROMA" DI E. ZOLA

E un libro per la vita puo' essere considerato quello che emerge dalle  penetranti pagine del diario tenuto da Émile Zola durante le cinque settimane trascorse a Roma nell’autunno del 1894. All'arrivo alla stazione Termini la mattina del 31 ottobre, il caposcuola del Naturalismo si immerse anima e corpo, benché avesse numerosi impegni ufficiali dovuti alla sua notorietà (tra cui un’udienza privata presso il re Umberto I e la regina Margherita), nel “paesaggio locale” della Città Eterna, cercando ispirazione per il suo nuovo attesissimo romanzo: "Roma". 
Questo materiale, secondo la sua abitudine, Zola lo reperisce  in sopralluoghi diretti nella città,   mentre cerca  di ottenere udienza dal papa, maldisposto verso di lui in particolare dal volume precedente Trois villes, Lourdes, che, insieme a tutte le altre opere dell’autore, era stato appena messo all’Indice. 
Il Romanzo ROMA E'  un classico della letteratura europea e appartiene al ciclo delle Trois Villes, assieme a Lourdes e Parigi. Dagli anni Venti mai più pubblicato, ora di nuovo alla nostra attenzione con la  prefazione di Emanuele Trevi, autore nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2012 con Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie).
zione libro "Roma" di Emile Zola
E nella Prefazione scrive Trevi:"Roma rimane uno dei libri più ambiziosi ed enciclopedici dedicati alla nostra città. Zola volle scrivere un'opera capace di contenere in sé un'indagine sui misteri del Vaticano, una memorabile storia d'amore e morte, e addirittura un'affidabile guida turistica alla Roma antica e moderna, alla quale non manca una classica escursione fuori porta alla volta di Frascati».
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«Tante pagine […] quante basterebbero in tempi ordinari a costruire tre romanzi ordinari»:  afferma un Ugo Ojetti atterrito nella sua recensione a Rome, uscita a puntate parallelamente in Francia sul “Journal”e (in versione accorciata) in Italia sulla “Tribuna”
L'autore francese sta di nuovo interessando l'ambito culturale con una eccellente edizione dei principali romanzi di Zola curata da Pierluigi Pellini per i “Meridiani” Mondadori, evidenziando l’importanza di rivedere  l’autore con strumenti aggiornati. infatti si sente l'esigenza di  inoltrarsi in un’opera anche in Francia  dimenticata a lungo, miscellanea di registri ma  avvincente, anche se a  tratti stretta nella morsa dei cliché, più spesso aperta a un’acutissima visione della contemporaneità.


"ROMA"  inizia con l’arrivo nella capitale, nello stesso periodo della stesura, del protagonista, il giovane prete Pierre Froment,pronto a difendere una sua opera ispirata alle tesi del cattolicesimo sociale, La Rome nouvelle, sottoposta all’esame della Congregazione dell’Indice. Il giovane INVITA  la chiesa, diventata sostegno per ricchi e potenti, ad impegnarsi nella trasformazione sociale in atto, affinché siano  i più umili e calpestati a ricevere il suo impegno, e quindi a  Roma cercherà di opporsi alle decisioni della  Congregazione .



Da questo spunto prendono le mosse due vicende basate su una doppia sfibrante attesa: quella di Pierre che, ospite dei Boccanera, antica famiglia della nobiltà papalina, aspetta sia il giudizio della Congregazione sia un sospirato incontro, poi concessogli, con Leone XIII, il papa le cui encicliche sembravano aver incoraggiato il rinnovamento della Chiesa; e quella di una dei Boccanera, Benedetta, che spera nell’annullamento di un infelice matrimonio non consumato per poter sposare il cugino Dario, suo amore d’infanzia.
  
...vicende diverse, una dominata da tensioni concettuali, l’altra ricca  di amori, gelosie, colpi di pugnale e colpi di scena, ma tutte e due raccontate con dinamismo sia effettivo che psicologico. Gli stessi drammi di coscienza di Pierre non hanno sviluppo, il personaggio, che ha maggior consistenza,  è, più che protagonista, prospettiva dominante: ampio spazio a un ricco tessuto di scene, paesaggi e caratterizzazioni,  il vero protagonismo è lasciato alla città.

È un protagonismo che si snoda su livelli di differente spessore: rievocazioni della sua storia, riportata  a una secolare smania di dominio, appaiono  un po'  ridondanti; mentre le descrizioni del suo patrimonio monumentale e artistico sono spesso messe in confronto con i molti modelli dalle relazioni di viaggio dal Grand Tour a Madame Gervasais dei Goncourt;  invece le inquadrature della sua travagliata attualità amalgamano l’osservazione diretta con fonti disparate costituendo  il centro pulsante del racconto.


L’aspetto che MI HA COLPITO  in questo ROMANZO (ANALIZZATO  QUALE TESTO DI ESAME PER LETTERATURA FRANCESE COL PROF MACCHIA) risiede nel modo con cui Pierre scopre ed osserva in che stato si trova la Roma della fine dell’Ottocento, che lui visita ed esplora.
Mentre PRESO DALLA  malinconia contempla le rovine della Roma classica, sepolte dalla  polvere dei millenni, Pierre coglie una somiglianza tra la sua città, Parigi, e la Roma che visita come  giovane intellettuale. Infatti visitando i nuovi quartieri di Prati, incompleti e costruiti in previsione dell’arrivo di nuovi cittadini, scopre che il popolovive a Roma in quel periodo  in condizioni di miseria e abbandono.
Lucidamente comprende che, mentre l’aristocrazia romana nera e bianca è avviata verso un declino ineluttabile, nell'Italia della fine dell’Ottocento non è ancora nata una borghesia illuminata, in grado di promuovere lo sviluppo dell'industria e del commercio.
Nei lunghi capitoli in cui Zolaaffronta il tema della questione sociale nella Francia ed Italia dell’Ottocento, segue una tendenza letteraria che è comune a tutta la poetica naturalistica, rivolta a rappresentare la situazione  economica e politica del tempo, in modo che sia fedele al vero ed alla realtà oggettiva.
Incontrando un patriota risorgimentale di FAMIGLIA nobile,  il nobile Orlando paralizzato su di una sedia e che abita in una casa in via XX Settembre, Pierre comprende la delusione dei patrioti che avevano lottato per arrivare all'unità nazionale e restituire Roma agli italiani, facendola diventare la capitale della nazione. Orlando gli confessa , preso dal  disincanto,  che dovrà trascorrere molto tempo prima che l’Italia possa divenire un Paese moderno ed Europeo.
ZOLA  RITRATTO DA MANET
In questa parte del ROMANZO colpisce la lucidità intellettuale di Zola con cui sono  indicate le cause storiche che spiegano sia che cosa sia stato il Risorgimento sia i motivi dell'arretratezza del nostro paese rispetto a quelli europei. 
Nella parte finale Pierre, dopo  sofferenze e delusioni, riuscirà ad avere l’incontro desiderato con il Papa, il quale lo convincerà a ritirare il suo libro.
Una volta uscito dal Vaticano,  volgendo lo sguardo al cielo nella notte tenebrosa, sopraffatto dal dolore, Pierre, che invano dinanzi al Papa aveva sostenuto la sua idea di una nuova religione, si chiede dove si sia nascosto Dio, che lui ha invocato invano, perché sulla terra regni la giustizia e trionfi il bene. 
L’amarezza irredimibile del quadro tracciato è confermata in chiavi opposte dal doppio finale: quello della storia di Pierre, la cui buonafede rimane  annientata da intrighi vaticani di routine, e quello a tinte forti della storia amorosa, casualmente inglobata in un fosco intrigo vaticano. 
Infine , il romanzo mette in risalto   la  pervicacia ma anche l’inabilità a fronteggiare il  nuovo stato di cose...come é sempre accaduti nella storie italiane
NEL SITOSOLO DE LIBROS, UNA INTERESSANTE ANALISI DEL ROMANZO
"Leggendo Roma SI HA L'OCCASIONE DI godere delle descrizioni  dei monumenti e la storia della città dei  Cesari di Roma capitale dell'Italia unita. Ma soprattutto, si tratta di un ottimo modo per scoprire l'origine della società moderna e i passi fatti  per raggiungere quegli obiettivi."


"Pierre sentit des larmes lui monter aux yeux, et d’un geste inconscient, sans s’apercevoir qu’il étonnait les maigres Anglais et les Allemands trapus, défilant sur la terrasse, il ouvrit les bras, il les tendit vers la Rome réelle, baignée d’un si beau soleil, qui s’étendait à ses pieds. Serait-elle douce à son rêve ? Allait-il comme il l’avait dit, trouver chez elle le remède à nos impatiences et à nos inquiétudes ? Le catholicisme pouvait-il se renouveler, revenir à l’esprit du christianisme primitif, être la religion de la démocratie, la foi que le monde moderne bouleversé, en danger de mort, attend pour s’apaiser et vivre ?" Cap. 22, p. 50

VENERDI' DEL LIBRO 5 SETTEMBRE...MAROSIA CASTALDI

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OGNI VENERDI' UN APPUNTAMENTO CON AMICHE CHE NEL WEB SI INCONTRANO IN UN SALOTTO MOLTO PARTICOLARE




Ho "incontrato""La fame delle donne" di Marosia Castaldi  imbattendomi nel Blog  Inkistolio: Storie Orticanti.


MAROSIA CASTALDI
LA FAME DELLE DONNE

Manni, 2012.
 
Ma già avevo letto su Affari Italiani che anche "La fame delle donne" di Marosia Castaldi, poteva essere candidato al Premio Strega per il 2012, come  scriveva Antonio Prudenzano:"E' tempo di possibili candidature al premio Strega ...A quelle già note si aggiunge, a quanto risulta ad Affaritaliani.it, anche quella de "La fame delle donne" di Marosia Castaldi, un testo pubblicato da Manni.
Ecco allora che mi sono  recata presso la Bibloteca che frequento con assiduità ed ho preso in prestito temporaneo questo libro che veramente, avendo letto delle entusiastiche critiche, mi aveva incuriosito.
E' stata una lettura che mi ha impegnata per UN BEL PERIODO IN PRIMAVERA: ne leggevo delle pagine, la tralasciavo per riflettere e ri-trovare poi il piacere di provare sensazioni ed emozioni.
Intrecci di vite e di sapori, musicalità scandita  anche dalla ripetizione di frasi-chiave, una lunga preghiera questo che è stato definito "romanzo-non romanzo".
Insomma "un libro «resistente»,  un libro coraggioso che non veste gli abiti facili della riconoscibilità  dei generi, delle copertine, o dei titoli, un libro sul cibo e sulla cucina, come fonti inesauribili di riflessione"secondo BENEDETTA CENTOVALLI
...che scrive:"

Marosia Castaldi ha il coraggio di parlare di cibo, di cucina, di ricette, di corpo femminile, di amori tra donne, senza cadere mai nello stereotipo, senza rassicurarci, protetta dallo scudo di una scrittura potente e evocativa. La torrenzialità  della sua prosa trova in questo racconto una sorta di messa a registro favorita dalla misura più breve del testo. Alla punteggiatura si sostituisce la maiuscola a indicare il cambio della frase, e la forte musicalità  da poemetto in prosa, la ripetizione con varianti delle frasi-chiave o leit-motiv, accompagnano il lettore in questa avventura che si apre a una possibile discorsività . È un mare scritto di sogni e di visioni, appunto, che si muove, che ondeggia e si increspa, che segue il respiro tumultuoso della narrazione.


 Nel romanzo credo che colpisca prima di tutto l'abbondanza del cibo e la sua preparazione, con moltissime  ricette che rappresentano una  disseminazione-contaminazione, una vera scheletratura  del racconto.
La protagonista, Rosa, una donna rimasta sola con la figlia dopo la morte del marito, riscopre il talento delle mani della madre e comincia a cucinare piatti della sua città  d'origine, Napoli, e altri piatti regionali, con un piacere crescente di sapori e di ingredienti poveri che fanno parte della cultura e della secolare sapienza del Mediterraneo. 
«Mia madre me li trasmetteva e quando eravamo bambini gli odori della cucina si levavano nella vecchia casa come impronte indelebili del passato»,  promessa in terra di «un briciolo di eternità ». 
 Non a caso, già  dalle prime pagine l'autrice dichiara un debito importante, quello con Casalinghitudine di Clara Sereni.
E' lei che racconta e si racconta:  dalla passione per la preparazione di invitanti ricette, alle incursioni nel periodo dell'infanzia e  successive fasi della vita, fino all'analisi del rapporto conflittuale ma intenso con la figlia e le sollecitazioni che le arrivano dall'incontro con tante altre donne  nel ristorante che ha aperto nella bassa Padana. Un'altra protagonista è sicuramente la "napoletanità" che si respira nel racconto. Un modo di stare al mondo che l'autrice conosce e che fa parte del suo DNA, uno stile che contraddistingue una storia molto forte e che prende a morsi le vite delle protagoniste, come fa Rosa. Il tormento che la accompagna da sempre trova la sua àncora di salvezza nelle sue molteplici passioni anche se alla noia si contrappone la ricerca del piacere, culinario o sessuale. Nelle "grandi mangiate" che si consumano nel suo ristorante, Rosa offe attimi di  convivialità agli avventori, grazie alla  tradizione millenaria che emana dalla sua cucina, e da loro invece prende la sua sopravvivenza, soprattutto dalle donne.

 «Come due compagni di strada – Lettore – sostiamo insieme in ciò che non finisce perché la vita come la morte non hanno porte e nemmeno finestre e nemmeno un fine e nemmeno un inizio. Si  muovono insieme in uno spazio tempo dove tutto ruota e si ripete secondola legge del caos e della ripetizione universale».

Straordinaria capacità di scrittura che sembra accomunare  la prosa alla poesia, gestione di rara maestria di strumenti retorici.  In questo romanzo la protagonista vuole rivelarsi a se stessa cercando una identità tutta coinvolta nella descrizione e nella preparazione di ricette culinarie mai esauribili: l’elenco degli ingredienti diviene una sorta di travaso infinito delle materie, dei gusti, delle fantasie cuciniere che infine finiscono in peccati di gola, in piaceri corporali, ma non si arrendono, si riprendono, si rimpastano, si mescolano in grandi abbuffate, invase e invadenti fra peccati di gola erotici e lussuriosi

 

"Pastiera dei ricchi e pastiera dei poveri

"Si stende la pasta frolla ricca di burro dentro una teglia Si imbottisce con ricotta lavorata con zucchero fuso germe di grano canditi e frammenti di cioccolato amaro ed essenza di fiori d'arancio. Si mette in forno ricamata con sottili  listelle di pasta frolla fino a che si dora La pastiera povera è fatta di pasta di pane imbottita con ricotta zucchero e canditi.
Il condimento dei poveri è lo strutto"
Polenta

"Compra la farina gialla di mais che avrei fatta mantecando la farina gialla con ricotta acqua brodo burro o poco sale e besciamella per renderla più setosa e vellutata"




Crocchè                     

"Si prendono fette di pane raffermo appena bagnate nel latte si passano nell'uovo sbattuto Si chiude tra due fette di pane la mozzarella Il panino così ottenuto si ripassa nell'uovo battuto nella farina e nel pangrattato Si frigge in olio bollente fino alla doratura Poi si mantecano le patate vecchie con latte burro uova e parmigiano fino ad ottenere un impasto denso e compatto che si modella in formelle tonde e oblunghe che si imbottiscono di uovo prosciutto piselli formaggio e mozzarella di bufala o fior di latte Si friggono a fuoco alto dopo averle ripassate nell'uovo battuto e nella farina e nel pangrattato badando che non si aprano in cottura"
 

Una storia molto carnale condita di "napoletanità". Un rito famelico per scacciare la paura del nulla.

QUI UNA RECENSIONE SINTETICA ED EFFICACE


...STRALCIO

"Un grandioso e solenne inno. Inno alle donne, inno alla vita. Inno a Dio. Inno a tutti gli uomini vissuti e che vivranno. Sulla terra e sul mare, nelle pianure, lungo i fiumi, nelle campagne.Nelle case. Tra nebbie e brume, tra visioni possenti del mare di Napoli e della costa azzurra. Inno al cibo, di cui la protagonista è ancella e sapiente custode. Inno alla cucina, nutrimento ed appagamento di corpo e anima e mente. Questa torrenziale narrazione canta della fame , della bramosia, dei desideri e della lussuria. Inno di purezza, inno di saggezza. Nel suo ristorante, Rosa, celebra un rito antico di condivisione, di cultura, di storie antiche, di sapienze millenarie. Il racconto ci disvela una passione umana che travalica le storie per aprirci, con grazia, la Storia.  Scritto come una salmodia, a volte gridata, altre solo sussurrata, ci affascina e ci prende per l'anima ed anche per il corpo: pagine e pagine di preparazioni culinarie, dalle più semplici alle più elaborate e complicate. Leggetelo: è obbligatorio. Amerete di più quello che mangiate e capirete qualcosa di più di queste sante donne. Leggendo le ultime pagine ho pianto."



Giro d'Italia Letterario un appuntamento da non perdere, Buzzati e la sua favola per grandi e piccini...LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA

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TRA LE  PERIODICHE INIZIATIVE CHE CONDIVIDO IN RETE NEL BLOG "IL MIO MONDO DELLA LETTURA", UNO DEGLI APPUNTAMENTI A CUI NON MANCO E'

Non ci si crede: più di un incontro culturale al mese,  un luogo virtuale dove scambiare contributi su libri scelti dagli aderenti, e il Giro ci vede radunati ad ogni tappa QUI NELLA PAGINA UN BAULE PIENO DI LIBRI  ED IN QUELLA  DELL'OMONIMO GRUPPO SU  FACEBOOK... gruppo di lettura che si snoda lungo le regioni del nostro Paese. ..individuare libri (che si decideranno tramite votazione democratica) ambientati nella regione che sarà oggetto di trattazione.

PER QUESTO SCORCIO DI SETTEMBRE SIAMO CON BUZZATI IN SICILIA E 
 "LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA"

 Come molte volte succede  nelle favole anche in questa, bellissima, -  1945 -  ci appare un mondo tutto al contrario: gli animali sono protagonisti rispetto agli uomini e i ruoli si invertono. Gli animali governano gli uomini e  sarebbero anche migliori, ma come sempre gli uomini producono danni e corromperanno anche i semplici e buoni animali,  gli orsi che con loro si erano pacificamente predisposti a convivere.
Ambientato in una Sicilia fuori dal tempo, luogo  creato dalla fantasia di Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Siciliaè un racconto sull’impossibilità della convivenza tra gli uomini e gli animali (e quindi anche tra gli uomini?), i quali prenderanno saggiamente le distanze dagli uomini, a testimonianza del pessimismo di Buzzati sulla natura umana.

 Storia, disegno, favola,  tre parole che troviamo nel libro  “più citato che letto”. E' un apologo dettato nei tempi cupi della Guerra , sulla conquista del potere, ma sopratutto sulla rinuncia al potere, e sulla ricerca di una felicità  che può  essere ritrovata, quando l’abbiamo perduta, solo nel ritorno a un vagheggiato, e certamente utopico, stato di natura.
Nei tempi dei tempi, quando la Sicilia era una regione dalle montagne nevose e impervie, gli orsi scendono a valle per cercare Tonio, l’orsacchiotto figlio di Re Leonzio, rapito dai cacciatori. Il principe orsacchiotto verrà ritrovato dopo tante peripezie ma la vita nelle città corromperà il modo naturale di vivere degli animali che prenderanno i vizi  e le debolezze degli uomini.

Prima di morire re Leonzio rivolgerà ai suoi orsi l’ultimo disperato appello: “Tornate alle montagne… lasciate questa città dove avete trovato ricchezza, ma non la pace dell’animo. Toglietevi di dosso quei ridicoli vestiti. Buttate via l’oro. Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere! I funghi delle foreste e il miele selvatico vi parranno ancora il cibo più squisito. Oh bevete ancora l’acqua pura delle sorgenti, non il vino che vi rovina la salute. Sarà triste staccarvi da tante belle cose, lo so, ma dopo vi sentirete più contenti, e diventerete anche più belli. Siamo ingrassati, amici miei, ecco la verità, abbiamo messo su pancia”.

 
 L'autore ci conduce nel mondo della fiaba, parlata, scritta, disegnata. Nelle sue pagine l’apologo degli Orsi è  pittura popolare, affresco di una civiltà lontana, ormai irraggiungibile, dove i fantasmi e le storie della tradizione, dal Gatto Mammone, al Serpenton dei Mari, dal Veglio della Montagna ai cinghiali volanti molfettani, trovano il loro spazio e sistemazione quasi naturali.
 

Gli orsi, spinti dal freddo e dalla fame, scendono verso la pianura 
e impegnano battaglia con l'agguerrito esercito del Granduca 
accorso per respingerli. Ma il coraggio intrepido dell'orso Babbone 
mette in fuga i soldati del Granduca.
 I  cinghiali da guerra del sire di Molfetta attaccano improvvisamente  gli orsi 
ma l'astrologo De Ambrosiis con un incantesimo, li trasforma
in palloni aerostatici, cullati dolcemente dalle brezze. 
Da cui la nota leggenda dei cinghiali volanti di Molfetta.

Conquistata dunque la Sicilia, sfilano nella grande piazza le prodi schiere  degli orsi. Può assistervi anche l'orsetto Tonio, principino, salvato  per l'intervento del mago ma ancora un po' debole per via del sangue versato: in lettiga.
Ma Re Leonzio, essendo stata rubata al prof. De Ambrosiis la bacchetta magica, raduna  la cittadinanza, spinge il colpevole a restituire il prezioso  oggetto e minaccia  pene severissime.

 A bordo di un navicello Re Leonzio si avventura contro il terribile  Serpenton dei mari che minaccia la città. E lo uccide con un colpo di fiocina. Ma la perfidia di Salnitro  getta il popolo giubilante nel lutto e nella tragedia.


 MISSION 

Re Leonzio, prima di morire, farà in tempo a dettare al figlio e ai suoi orsi più fedeli la sua ultima volontà: che lascino la valle e tornino fra le montagne, lontano dagli uomini, là dove gli orsi hanno sempre vissuto in pace e felici: 

Buttate via l’oro. Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere!

 E gli uomini saluteranno tra lamenti e singhiozzi la partenza degli orsi specchio di un modo di vivere che non sanno fare proprio.

IL PROTAGONISTA

Prima di iniziare il suo racconto, Buzzati ne elenca i personaggi, alla maniera degli autori di libri gialli:  alcuni sono effettivamente dei protagonisti, altri compaiono per una sola riga (un gufo che lancia il suo urlo nella notte) o addirittura mai (il Lupo Mannaro, che nessuno sa cosa possa combinare). In testa a tutti dovrebbe venire dunque Re Leonzio: ma se vogliamo cercare il tipo più straordinario, questi è certamente una curiosa figura di mago, il professore De Ambrosiis, la cui bacchetta magica può compiere soltanto due prodigi. Quest'uomo altissimo e magro, la cui figura è prolungata da un'enorme tuba, tradisce spesso il re e vorrebbe fare i due incantesimi a suo esclusivo vantaggio: ma una volta per salvarsi da un branco di cinghiali, che ha trasformato in palloni, un'altra volta per salvare generosamente il figlio di Leonzio, il professore esaurisce la sua scorta di miracoli. Da ultimo riesce a costruirsi una nuova bacchetta magica: e chissà che un giorno, se gli capita una malattia, non la possa usare.

Buzzati è un narratore diverso da tutti gli altri. Riassumere la sua prosa vorrebbe dire snaturarla, togliendone l'incantevole semplicità. Dovendo quindi estrarre una pagina della storia degli orsi, la scelta più sensata è  trascriverla.
Ecco, a  metà del libro quando Re Leonzio, ha appena ritrovato il figlio, teme di perderlo subito. Infatti il malvagio Granduca ha sparato al suo prigioniero, provocandogli una ferita che ha tutta l'aria di essere mortale. Che fare? Arriva nel salone del castello la colomba della bontà e della pace, ma tutti la guardano male perchè è capitata proprio nel momento sbagliato. Non resta così  che rivolgersi al professore De Ambrosiis, egli  dispone di un solo incantesimo. Lo sacrificherà per salvare la vita del giovane orso? 

....la parola a Buzzati...

"Adesso voi naturalmente non ci crederete, direte che sono storie, che queste cose succedono soltanto nei libri e così via. Eppure alla vista dell'orsacchiotto morente, l'astrologo sentì un improvviso dispiacere per tutte le canagliate commesse in odio a Re Leonzio e ai suoi orsi (gli spiriti, il Gatto Mammone), ebbe l'impressione che qualcosa gli bruciasse nel petto e, forse anche per il gusto di fare bella figura e di diventare una specie di eroe, trasse di sotto la palandrana la sua famosa bacchetta magica - ma come gli dispiaceva - e cominciò l'incantesimo, l'ultimo della sua vita. Poteva procurarsi montagne d'oro e castelli, diventare re e imperatore, sconfiggere eserciti e flotte, sposare principesse indiane: tutto avrebbe potuto avere con quell'estremo sacrificio. E invece "Fàrete", disse lentamente, e scandiva le sillabe, "Fàrete finkete gamorrè àbile fàbile dominè brùn stin màiela prit furu toro fifferit".


"Allora l'orsacchiotto riaprì tutti e due gli occhi e si levò diritto senza più traccia del buco fatto dalla pallottola (solo si sentiva un poco debole per la perdita del sangue), mentre Re Leonzio, come impazzito dalla gioia, si metteva a ballare da solo sul palcoscenico. E la colomba, finalmente soddisfatta, ricominciava a svolazzare di qua e di là più allegra che mai. Altissimo si levò il grido: "Evviva il professore De Ambrosiis!".
"Ma già l'astrologo era sparito. Sgusciato fuori dalla porticina del palco, correva a casa stringendo la bacchetta ormai inutile, e non avrebbe saputo lui stesso dire se malinconico o stranamente felice"
.


Il lungo racconto ambientato in Sicilia,  nasconde tra le righe la vera poetica dell'autore. E'  un romanzo sul coraggio, sull'’amicizia e la generosità, sulla necessità di essere se stessi e fare del proprio meglio, comunque vadano le cose, ma anche sulle debolezze umane e sulle fragilità che stanno dietro anche ai più nobili sentimenti 

UNA NUOVA RUBRICA ED UNA NUOVA PAGINA, SUL BLOG: LEGGERE...L'ARTE CON SAGGI INTERESSANTI.

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UNA NUOVA RUBRICA   LEGGERE L'ARTE...

...TRA LE LETTURE CHE PREDILIGO VI SONO I SAGGI CHE TRATTANO DI ARTE,  STORIA, MUSICA...

http://a137.idata.over-blog.com/4/44/77/17/Libri/sebaste.jpgAl TESTO   di  Sebaste(Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne, Laterza, 2008),  non posso non tributare un dovuto omaggio ogni qualvolta si parla di panchine: mi  ha indicato come gettare uno sguardo non distratto su di esse ed apprezzare le infinite storie che, su di esse, si possono raccontare scandagliando  i diversi stati della mente che esse facilitano, quando vi si sosta.
  
L'autore ci rimanda a "Sulla panchina. Percorsi dello sguardo nei giardini e nell'arte", di Michael Jackob docente di Storia e teoria del paesaggio (Scuola di Ingegneria di Ginevra-Lullier, e Politecnico di Losanna), cattedratico di Lettere comparate all’Università di Grenoble, direttore presso l'editore Infolio (Losanna) della collana «Paysages». Ha pubblicato il testo in questione, presso Einaudi, 2014), nella PBE  con la traduzione di Graziella Girardello. 
 
"La panchina è un luogo di sosta, un'utopia realizzata. È vacanza a portata di mano. Sulle panchine si contempla lo spettacolo del mondo, si guarda senza essere visti e ci si dà il tempo di perdere tempo, come leggere un romanzo". 

Così il saggista Sebaste nella collana Contromano di Laterza, Panchine, pubblicato per la prima volta nel 2010 e ora giunto alla sua quinta edizione, ha definito l’oggetto che è anche al centro dell’indagine del libro di Michael Jakob

Il libro-saggio  di Jakob esamina i molteplici aspetti di questo oggetto, fra la fruizione pubblica e quella privata, in relazione alla storia dei giardini, del gusto e del paesaggio. Alla funzione primaria, urbana concepita per regolarizzare rapporti di  democrazia e condivisione della cosa pubblica come  si vennero realizzando nell’Italia dei Comuni lungo il Trecento, si collega  Jakob, osservando come tale funzione fosse sempre unita  – anche nell’antichità a Pompei o ad Agrigento, ad  esempio –  ad  una precisa volontà di offrire una veduta programmata dello spazio. 

 http://www.imagoromae.com/public/ftp/fotoDiServizio/Image/Immagini%20testi/Horologium/fig.%209.jpg
 Le panchine che sorgevano fuori delle porte  o  dei palazzi pubblici e signorili, oltre che  delle chiese, in tutto il centro Italia alla fine del Medioevo, offrivano una vista privilegiata e focalizzata dello spazio urbano, tale per cui risultavano immediatamente chiari i rapporti politici e di forza. 

SIENA
TODI
 Evoluzione molto  sofisticata di questa lontana matrice è la serie di panchine che troviamo  nel giardino di Ermenonville - Francia - , residenza di caccia e di ritiro in campagna con un giardino all’inglese realizzata dal marchese René de Girardin tra il 1762 e il 1775 ( vi era sepolto Rousseau prima della traslazione al Pantheon parigino). Gusto per il pittoresco, di una natura non geometricamente regolata come nei giardini all’italiana, ma  predisposta a meravigliare, con la funzione contraddittoria delle panchine  come complemento alla vita urbana, esse  si ritrovano ad essere quasi nascoste da  muschio, da rialzi naturali opportunamente posti  per godere la miglior vista all’interno di percorsi  panoramici e introspettivi per il passeggiatore che ricerca se stesso ed un contatto vivificante con la natura, secondo la diffusa sensibilità rousseauiana.  A completamento  di questo progetto avviene un fatto imprevisto e simbolico: Rousseau, ospite della tenuta del marchese de Girardin dal maggio 1778, vi muore il 2 luglio dello stesso anno. Su un’isoletta arricchita da alti pioppi  fu allestita la sua tomba, che da quel momento in poi diviene il fulcro della promenade all’interno della tenuta. 
 E quando il pellegrinaggio all’isola diventa eccessivo,  la panchina  delle madri di famiglia  sulla riva opposta ha il ruolo di punto di contemplazione privilegiato: vi si riflette  sullo scorrere del tempo, vi si cerca  introspezione, contatto con la natura, identificazione con un uomo circondato subito da un’aureola di santità laica, tutti  elementi che moltissimi visitatori, anche  reali, capi di stato e intellettuali da tutta Europa, cercano nella visita a Ermenonville e nella vista della tomba di Rousseau, celebrata da componimenti e incisioni innumerevoli. La panchina  delle madri di famiglia, dunque, è il punto di osservazione ideale di una passeggiata quasi  viaggio interiore che si confronta con la morte. 
Un paradosso?? ... la fama del luogo non viene meno anche quando la tomba di Rousseau è trasferita al Pantheon: si crea  culto dell’assenza,  dell’immagine che continua a racchiudere il desiderio dei visitatori, e  Jakob la definisce pre-televisiva.

http://www.gardenvisit.com/garden/ermenonville_parc_jean-jacques_rousseau

Vi è però  un  famoso  precedente nel giardino voluto nel Seicento dal principe Vicino Orsini a Bomarzo. Tra mostri di pietra e animali esotici scolpiti sono disposte i lunghe panche, con iscrizioni o terminazioni metamorfiche, dalle quali è possibile avere una vista ‘guidata’ al giardino per coglierne i rimandi letterari e mitologici. 

Di  stile e funzione diverse le panchine disposte da Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi artefice della reggia di Caserta e del giardino monumentale con la grande cascata, nell’altro giardino che si apre dietro la cascata: la vegetazione non è più ordinata  come nella parte principale, e una serie di panchine o sagomate su un marmo con i segni dell’estrazione, con nodi e racemi  avvinghiati. Da queste panchine non vi è alcuna  vista privilegiata, sono  basse per creare un punto di fuga prospettico. In questo modo, precisa Jakob, Carlo Vanvitelli, prende  le distanze dal padre e porta al culmine la contraddizione della funzione della panchina, quale si era già evidenziata  nel giardino di Ermenonville, fra tensione massima alla natura e artificio dissimulato.
 Se ci si siede per concedersi  relax e trovare quiete, come gli aristocratici ritratti sullo sfondo della loro campagna inglese, si comunica un messaggio chiaro sul proprio ruolo sociale e sul posto che la proprietà della campagna occupa nella costruzione di questa  identità.
Ma la  panchina diventa anche luogo di rappresentazione ufficiale di individui: dal musico Mezzettino di Watteau


 ai Coniugi Andrews di Gainsborough,

 http://1.bp.blogspot.com/-Kju2Wl_eAOM/U2CxddLXrVI/AAAAAAAAiQI/FDiaRGAM8b8/s1600/Kirby.jpg

 al ritratto seduto di Puskin 

 http://biografieonline.it/img/bio/Aleksandr_Puskin_1.jpg

 alle fotografie di Tolstoj a Jasnaja Poljana, 


 e a quelle di Lenin a Gorki Park,

la varietà dei soggetti e i loro   messaggi "orchestrati" anche grazie alla panchina su cui siedono,  è molto vasta. 


A un significato tutto diverso rimanda invece la scena finale de L’Avventura di Antonioni, girata su una panchina. Qui i due amanti inscenano il fallimento di una relazione amorosa, e la panchina è il luogo da cui la fine dell’eros moderno è  decretata,  luogo di spaesamento.


Venerdì del libro 19 settembre, BUZZATI - STORIE DISEGNATE E DIPINTE: ANCHE UN LABORATORIO di Lettura e Scrittura Creativa,

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... PERQUESTO VENERDI'...
QUI LA BIBLIOTECA  “quelli del Venerdi’ del libro” su PINTEREST







 BUZZATI - STORIE DISEGNATE E DIPINTE

 "Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture quindi non le “può” prendere sul serio. La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie. Intervista a  Dino Buzzati, 1967


Dino Buzzati è stato giornalista, scrittore, pittore, certo, e per queste attività è ricordato come uno dei grandi del Novecento italiano, il suo Genio ha potuto trovare sfogo anche in ambiti creativi all'apparenza secondari, ma che , con la sua lungimirante intelligenza, ha saputo interpretare e nobilitare: illustrazione e  fumetto.
Lo sperimentalismo di Buzzati e il suo amore incondizionato per la scrittura e per il disegno lo portano ben presto a creare racconti fatti di testi e immagini. Il primo esempio  è la favola de La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), che egli scrive e soprattutto illustra con tavole a colori di grande forza espressiva, cosparse di personaggi e di architetture surreali. Le illustrazioni sono volutamente infantili (la bozza iniziale del racconto disegnato era stata concepita da Buzzati per le sue  due nipotine) e si perfezionano con una prima pubblicazione a puntate sulle pagine del "Corriere dei Piccoli" (che in quell'anno, corretto per filo-fascismo in quanto supplemento del "Corriere della Sera, col  nuovo nome di "Giornale dei Piccoli").
EDIZIONE MONDADORI CON ILLUSTRAZIONI


“NEL TEMPO DEI TEMPI QUANDO LE BESTIE ERANO BUONE E GLI UOMINI EMPI...”

SPUNTI PER UN LABORATORIO
http://www.musicolivier.be/_media/img/small/f1a54659.gif
A suo tempo, nell'ambito del Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa,  insieme ai  colleghi di altre discipline (Arte, Tecnologia, Lingua 2) perfezionai ,  per dei giovani sudenti miei alunni riuniti  in classi parallele,  la possibilità di vivere l' esperienza di un ' immersione del corpo e della mente nell' atmosfera epica e avventurosa, fantastica e fiabesca di un capolavoro poco conosciuto della Letteratura dell'  infanzia del Novecento,  “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” di  Dino Buzzati, artista poliedrico, giornalista e pittore.
Il percorso si è snodato intorno alla lettura integrale dell' opera, con esperienze ed attività legate all' ascolto, alla lettura guidata e ad alta voce, all' analisi in gruppo del testo che è stato esaminato  e indagato da vari punti di vista (senza però mai rompere l' incanto del coinvolgimento narrativo): la fantasia, l' umorismo, la narrazione orale in prosa e in versi nello stile della ballata popolare, le emozioni e i colpi di scena, l' epica avventurosa, l' etica contrastante tra il mondo degli uomini e quello degli orsi, lo spazio e il tempo sospesi tra realtà e mito.
In particolar modo tutti noi Docenti abbiamo posto l' attenzione sulle  caratteristiche linguistico-letterarie del testo e alla sua tipologia in relazione allo studio di vari generi letterari ai quali esso si richiama: la fiaba, la favola classica, l' apologo, la ballata popolare e il racconto fantastico.
Tra le attività, oltre alle fantasie guidate per l' ascolto e la comprensione, si è proposta  la redazione di testi particolari, lirico-espressivi, di fantasia e/o di riflessione, indirizzati, per esempio, ai protagonisti del racconto fantastico; inoltre si sono svolte letture animate di gruppo, con performance di tipo teatrale e con la realizzazione di dipinti e di disegni  di vario genere, ispirati anche ai dipinti dell' autore che corredano il testo dell' opera. Tutto ciò sulla base dell' estro e della fantasia inventiva ed espressiva dei ragazzi.
 
 Le attività espressive non hanno escluso  affatto la discussione ragionata e riflessiva su temi e contenuti, completando l' attività di studio in piccolo e in grande gruppo in modo da acquisire precise conoscenze in ambito linguistico-letterario e nell' arte didattica della lettura e del racconto per adolescenti.
Scopo non secondario del laboratorio è stato  infatti quello di recuperare  il piacere e l'incanto della fantasia e della fiaba e il ricordo di vissuti infantili ad essi correlati
 http://www.20cents-video.com/userdata/animated-gif/library/ecole_144.gif

RIFLESSIONI  SULLA SCELTA DEL TESTO DI BUZZATI 

Buzzati: il fantastico e l’infanzia come ‘orizzonti’

La critica letteraria Mara Formenti scrive: «ancor prima come protagonista, l’infanzia è presente nell’opera di Buzzati come orizzonte, categoria essenziale cui si riallacciano una certa visione del mondo e un certo modo di approccio alle cose» 

-  M. Formenti, L’infanzia nell’universo buzzatiano, in «Studi buzzatiani », 1, 1996, p. 45. Cfr. anche G. Bosetti, Dino Buzzati et l’enfance mythopoiétique, in «Cahiers Dino Buzzati», 6, 1985, pp. 165-180

Infatti, benché Dino Buzzati fosse prima di tutto giornalista e si rivolgesse, coi suoi scritti e romanzi, prevalentemente ad un lettore adulto, tutta la sua produzione letteraria, la sua poetica sembra rivolgere all’infanzia un costante occhio di riguardo. Lo stesso occhio che più volte indossa la lente del fantastico e del meraviglioso per accostarsi al reale, riscriverlo, reinterpretarlo. Una seconda "incursione" nel mondo dell’infanzia avviene nel 1945. Buzzati è al «Corriere della Sera» da ormai diciassette anni quando l’amico e collega Radius, all’epoca direttore del «Corriere dei Piccoli», gli chiede di scrivere una favola per ragazzi. Stavolta Buzzati può dare libera espressione a parole e immagini, come da sempre gli è consueto e naturale:il primo romanzo, Bàrnabo delle montagne (1933)- (Bàrnabo delle montagne (1933) D. Buzzati, Bàrnabo delle montagne, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1933)    
già conteneva piccole figure, come dei capilettera, che l’editore Treves aveva rifiutato nel timore di ‘svilire’ l’opera, destinata  a un pubblico adulto. Nasce così dai disegni a matita realizzati per allietare le nipotine, la storia che poi diverrà La famosa invasione degli orsi in Sicilia
 
  Così...:

"Ecco la storia dei miei orsi. Tanti anni fa, ogni mercoledì, la famiglia di mia sorella veniva a pranzo in casa nostra, cioè della mamma e di noi tre fratelli. Siccome io mi sono sempre divertito a disegnare, una di quelle sere, le nipotine Pupa e Lalla, che avranno avuto undici-dodici anni, mi hanno chiesto:«Zio Dino, perché non ci fai un bel disegno?». 
Allora ho preso le matite colorate e, chissà perché, mi sono messo a fare una battaglia di orsi e soldati, in un paesaggio di neve. Il disegno, fatto in pochi minuti, era abbastanza rozzo, ma piacque alle mie nipotine.
Il mercoledì dopo, naturalmente: «Zio Dino, perché non ci fai un altro disegno?». E allora ho immaginato che gli orsi della settimana prima avessero vinto la battaglia e fossero entrati nella città di un sultano, o arciduca, o tiranno che fosse. E ho fatto la scena del re degli orsi che entrava nella camera da letto del satrapo, che balzava sbalordito dalle coperte. Dopodiché, ogni settimana era un nuovo disegno. In tutto saranno stati sette otto, fin che le nipotine pensarono ad altro e la storia rimase lì.
Passarono gli anni e proprio nell’ultimo anno di guerra, Emilio Radius, che dirigeva allora il «Corriere dei Piccoli» mi disse: «Perché non mi scrivi una storia per bambini coi disegni relativi? Dovresti saperci fare, io penso». La proposta mi piacque, ma scrivere per bambini è molto più difficile che scrivere per i grandi, i quali più o meno si sa come la pensano"

- D. Buzzati in M.T. Ferrari (a cura di), Buzzati racconta. Storie disegnate e dipinte, Milano, Electa, 2006, p. 53. Dell’episodio, Buzzati racconta anche in Y. Panafieu, Dino Buzzati, un autoritratto, Milano, Mondadori, 1973
 
Il giornalista d’esperienza, già corrispondente di guerra e autore de Il deserto dei Tartari (1940), non sottovaluta affatto l’incarico: sa che parlare ai piccoli non è semplice né scontato, che il loro immaginario ha piena dignità e bisogno di essere adeguatamente nutrito e stupito. Allora inventa la storia degli orsi guerrieri che scendono a valle per conquistare il mondo degli uomini. Dal gennaio all’aprile la favola esce a puntate, diversa
rispetto all’opera che oggi conosciamo e che vide la luce per Rizzoli, illustrata dall’autore, nel dicembre ’45, con grande consenso di pubblico, fino a diventare un classico della letteratura per l’infanzia del Novecento. 
 La storia si conclude, infatti, con l’invito del re degli orsi Leonzio, ormai morente dopo una strenua lotta con il Serpenton dei mari, a tornare al regno di natura, lontano dalla corruzione della città:

"Lasciate questa città dove avete trovato la ricchezza, ma non la pace dell’animo. [...] Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere!"


- Il racconto esce in undici puntate, dal 7 gennaio al 29 aprile, sul «Corriere dei Piccoli» e si compone di due parti: La famosa invasione degli orsi e Vecchi orsi addio! (quest’ultima rimasta incompleta a causa dell’interruzione delle pubblicazioni del giornalino). Nel dicembre del 1945 il romanzo esce per  Rizzoli con notevoli modifiche: al posto del Granducato di Maremma c’è quello di Sicilia, vengono aggiunte le filastrocche, la versione risulta più ironica, meno cupa. Una successiva ristampa è presso Aldo Martello (Vicenza, 1958): AlbertoMondadori, alle insistenze dell’autore, risponde che gli «orsi mogi mogi » lo commuovono, ma di fatto l’editore pubblicherà il romanzo solo nel 1977 nella collana «Varia». Seguiranno numerosissime edizioni. Cfr. L. Cavalmoretti, Le edizioni scolastiche dei titoli buzzatiani: primi studi , in «Studi buzzatiani», n. 15, 2010, pp. 27-35.


- Cfr. D. Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), Milano, Mondadori, 2013, p. 19 

- Cfr. Ibidem, pp. 76 e 94.
 Ibidem, p. 110.



L’ottica del mondo animale, com’era avvenuto anche con La fattoria degli animali di Orwell, uscito in Italia due anni dopo La famosa invasione, offre l'opportunità di una prospettiva  rovesciata, capace di mettere a nudo le contraddizioni di una società e di un’epoca: come nella tradizione favolistica, gli animali antropomorfi invitano alla riflessione sui comportamenti umani, senza perdere, nel caso di Buzzati, i toni leggeri dell’ironia. Secondo Francesca Lazzarato,che al romanzo per ragazzi dello scrittore bellunese ha dedicato studi e riflessioni, tuttavia " le collusioni del testo con la drammatica realtà di quegli anni non sono l’aspetto prioritario di un’opera che si pone come «uno dei più bei libri per l’infanzia che siano mai stati scritti nel nostro paese»: a impreziosire il racconto sono l’atmosfera fantastica, gli scenari tipici delle favole dei Grimm, le categorie della fiaba (viaggio, prova, animali parlanti, premio), tutti elementi che stabiliscono – come ha evidenziato  Albertazzi nell’introduzione a un’edizione per la scuola media – «un ideale ‘ponte’ fra le fiabe e la letteratura fantastica»  

- F. Lazzarato, Un libro per tutti, postfazione a D. Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, Milano, Mondadori, 2000, p. 151. Anche Bianca Pitzorno aveva dichiarato: «il più bel libro per l’infanzia scritto in Italia dopo Il giornalino di Gian Burrasca», in R. Denti, B. Pitzorno, D. Ziliotto, 100 libri per navigare nel mare della letteratura per ragazzi, Milano, Salani, 1999, p. 34.

- F. Albertazzi, Introduzione a D. Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, Milano, Mondadori, 1977, p. XII



Ma ai fini della mia lunga riflessione, è interessante  sottolineare il complesso sistema linguistico-narrativo che costituisce un precedente particolare nella letteratura per l’infanzia- adolescenza, come sottolinea anche Denti: 

«Buzzati e Munari, senza conoscersi, hanno iniziato la letteratura per l’infanzia e per i ragazzi con la fine della II Guerra Mondiale, un modo nuovo e diverso di rivolgersi a lettori in grado di affrontare testi e immagini decisamente innovativi»    

 
G. Vitali, R. Denti, I precedenti: panoramica editoriale dal Dopoguerra al 1987, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Contare le stelle. Venti anni di letteratura per ragazzi, Bologna, Clueb, 2007, p. 21. Cfr. anche Hamelin (a cura di),I libri per ragazzi che hanno fatto l’Italia, Bologna, Hamelin Associazione Culturale, 2011, p. 95.

Aperto alla contaminazione tra generi (fiaba, favola, poesia e prosa, cronaca giornalistica), alla commistione di diversi codici narrativi (verbale, iconico, musicale: fu anche librettista per Chailly), all’incrocio di registri (alto, basso, colto, popolare) e alla plurivocità (come poi vedremo bene nelle storie dipinte ), ne La famosa invasione degli orsi in Sicilia Buzzati dà prova di non legarsi a  ‘caselle’ e ‘classificazioni’: in una cornice che sa di teatro  tanto che  la descrizione iniziale di ciascun personaggio e delle scene, sembra preludere ad una sceneggiatura),egli miscela filastrocche e ballate, immagini e parole, con l’uso dell’icono-testo, non semplice didascalia: ha un suo stile  che aggiunge, arricchisce, narra qualcosa di più. Le immagini stesse non rappresentano il tradizionale corredo al testo verbale: lo potenziano, lo dilatano. L’effetto prodotto è  efficacissimo e ludico, estremamente attuale, tanto da anticipare - se posso azzardare-  un moderno ipertesto, soprattutto se guardiamo a questo (quasi) unicum di Buzzati in correlazione ai numerosi racconti fantastici e alle storie dipinte, ricche di motivi e personaggi favolosi che ritornano e si ripropongono  nell’intera sua produzione


 
Alla luce di quanto detto, l’incursione di Buzzati nella narrativa per l’infanzia è da considerare casuale? Senz’altro in linea con la poetica e l’immaginario dell’autore stesso  e avvalora una modalità che restituisce dignità alla letteratura infantile stessa, lo stesso atteggiamento che hanno avuto  Rodari e Calvino. Come  nota Fracassa , che agli sconfinamenti nella letteratura giovanile di scrittori ‘per grandi’ ha dedicato  una ricerca, Buzzati è un autore  propenso alla sperimentazione e dedito al favolistico: ciò stabilisce l’individuazione di un lettore ideale «a un tempo bambino e adulto», Buzzati è vivo perché continua ad essere termine di confronto, anzi di colloquio necessario, anche oggi» 

 U. Fracassa, Dino Buzzati. L’iniziazione negata, in U. Fracassa, Sconfinamenti d’autore. Episodi di letteratura giovanile tra gli scrittori italiani contemporanei, Pisa, Giardini, 2002, p. 45

 ....oggi, più che mai, in tempi di egemonia delle immagini, quando occorre educare al senso estetico, insegnare a distinguere l’illustrazione di qualità, leggere consapevolmente le figure.
http://www.buongiornoweb.com/webmaster/gif_animate_gratis/db_gif/gif_gratis/gif_societa/gif_personaggi/gif_professioni/studenti/004.gif
 



 ... SU FB  IL GRUPPO

 «Dunque ascoltiamo senza batter ciglia La famosa invasione degli orsi in Sicilia»




12 fiabe....La Sirenetta di Andersen...INTERPRETAZIONI...

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IL LOGO...ANIMATO
QUI SI VISITA LA PAGINA DEDICATA AL GRUPPO...CON TUTTE LE NOVITA'...

LA CARATTERISTICA DI QUESTA ENTUSIASMANTE INIZIATIVA....???

Ogni mese, ognuna di noi , partendo da un racconto / fiaba ha creato  qualcosa che immediatamente potesse ricordare....un  personaggio più amato, quello che ha ispirato di più, un paesaggio…
Si è utilizzata una varietà di tecniche,  colore, supporti...insomma  Libertà assoluta

ECCO l’elenco delle fiabe che LA CURATRICE DELL'INIZIATIVA  HA SCELTO E PROGRAMMATO 


 12 fiabe per 12 mesi

21 settembre - Il piccolo principe- Antoine de Saint-Exupéry
19 ottobre- Alice nel paese delle meraviglie- Lewis Carrol
16 novembre- Il soldatino di piombo- H.C. Andersen
21 dicembre - la bella addormentata nel bosco- Charles Perrault
18 gennaio - Hansel e Gretel- F.lli Grimm
15 febbraio- Il principe ranocchio -F.lli Grimm
15 marzo- Cappuccetto rosso - Perrault
19 aprile- Cenerentola- F.lli Grimm e Perrault
17 maggio- Biancaneve e i 7 nani- F.lli Grimm
21 giugno- Peter Pan- James Matthew Barrie
19 luglio- Peter rabbi- Beatrix Potter
16 agosto - La sirenetta- H.C. Andersen



IN QUESTO POST INDICO  ANCHE L'INSIEME DELLE PARTECIPANTI....PRIMA DI TUFFARMI NEL MONDO DELLA SIRENETTA, ultima fiaba analizzata, studiata, rappresentata...

BOGOMILLA http://bogomillahoppkids.blogspot.it
ANNA http://annaeilsuoblog.blogspot.it
ELENA http://serendipityofficinadelleidee.blogspot.it/
ROSA http://rosamerliza.blogspot.it/
SERENA http://fantasyjewellery1.blogspot.it/
Emanuela http://ricettefuorifuoco.blogspot.it/
SILVIA http://silviamapetitemaison.blogspot.it/
LISA http://miepiccolecose.blogspot.it/
ANTONELLA http://onceadisney.blogspot.it
AMELIA https://www.facebook.com/pages/Maestra-Ami/1419715174918720
ANNA G. http://theroomsofmylife.blogspot.it/
SIMONETTA  http://letturesenzatempo.blogspot.it/


Leggendo la versione originale de La sirenetta di Hans Christian Andersen (1805-1875), ho scoperto un meraviglioso viaggio di tras-formazione esistenziale (nutrito dall’atmosfera culturale del Romanticismo), che ha implicazioni ben più complesse e attuali della semplificazione sentimentalistica giunta fino a noi.
Pubblicata nel 1836,"La Sirenetta"è tra le fiabe più conosciute e amate della storia.Il suo mito,uscito dal genio e dal cuore del favolista Ans Christian Andersen(1805-1875,figlio di un ciabattino),non conosce confini o tempi continuando con il suo inarrestabile successo e commuovendo ancora migliaia di bambini e non solo.
 


 Lo scrittore danese si ispirò alla fiaba di "Undine" (1811),grande capolavoro dell'epoca di Friedrich La Motte Fouqué (1777-1843,favolista tedesco) dove una sirena sposa un cavaliere per avere un'anima immortale. Andersen però la portò verso una "strada più conforme alla natura e più divina".

"È l’eroina ribelle e sognatrice diPiccole Donne, Jo March, che in un passo del celeberrimo libro descrive al meglio, con una semplice e brevissima allusione, il successo e la diffusione di cui godettero già dal primo Ottocento i racconti romantici Undine e Sintram,le due opere più conosciute del barone Friedrich de la Motte Fouqué",
 
 ...scriveCristina Babino nel postUndine. Le molte fortune di uno spirito d'acqua, e la fiaba La Sirenetta di Andersen sembra  abbia preso spunto almeno in parte da questa opera narrativa.
Complice anche il grande movimento culturale che imperversò in Danimarca fin dagli inizi dell'ottocento,il Romanticismo,che pose in questa nazione come sua caratteristica "l'elemento religioso".

 ...il racconto di Andersen...

Alla Sirenetta, principessa del regno del Mare, è concesso visitare la superficie per il proprio quindicesimo compleanno. In questa occasione si innamora di un principe comandante di una nave che viene affondata da una tempesta. Lo salva dalle onde minacciose  e lo porta a riva. Tormentata dal desiderio di diventare umana per stare accanto a lui e acquisire un'anima immortale (non concessa alla sua specie, destinata con la morte a trasformarsi nella spuma del mare), compra dalla Strega del Mare una pozione per avere delle gambe in cambio della propria voce. Le viene tagliata la lingua, e ogni passo sulla terra sarà come camminare sulla lama di un coltello. Se riuscirà a conquistare l'amore del principe, potrà avere un'anima immortale, altrimenti si dissolverà in schiuma. Riesce a essere accolta alla corte del principe, che però la considera una sorella minore, e decide invece di sposare la principessa che lo ha ritrovato sulla spiaggia il giorno del naufragio. La Sirenetta rifiuta il consiglio delle sorelle di uccidere il principe con un pugnale magico che le permetterebbe di tornare sirena, e si dissolve in schiuma. La schiuma evapora e la trasforma in spirito dell'aria, forma nella quale le è permesso piangere.
 

...nella bella sirenetta convergono tanti elementi ...la vena romantica, ovvero l'amore, il sentimento più grande che esista, ma visto qui anche come sacrificio; la sirenetta per amore del principe è disposta a rinunciare alla sua natura,alla sua voce e sopportare gli aghi invisibili sotto i piedini che le provocano dolori indicibili.
L'elemento religioso, Andersen fervente cattolico non poteva lasciare la protagonista dissolversi come spuma nel mare ma la fa resuscitare come "figlia dell'aria" grazie ad un gesto di bontà.
Il carattere del magico seppur sottolineato,non risulta assolutamente come punto focale della vicenda,anzi appare come un motivo "isolato".Ciò presenta questo tipico velo di tristezza e crudeltà che accomunano tutte le fiabe del danese e che ce le rendono molto più vicine alla nostra natura che allontanate nel mondo del fantastico.

Dal mare al cielo passando per la terra, il viaggio esistenziale della sirenetta può ricordarci che la libertà vera nasce da un profondo, sofferto e rischioso percorso di trasformazione di sé, non dallo “scegliere”  il conformismo più rassicurante o vantaggioso, da un impegno a capire e fare “la cosa giusta”, che possiede un valore intrinseco.
Nella speranza di allontanarci a nostra volta culturalmente da un mondo in cui ancora troppo spesso, in varie forme, le donne rinunciano alla voce, e gli uomini si tappano le orecchie.

 


 VI CONSIGLIO.. RIFERIMENTI INTERESSANTI

La Sirenetta di Andersen: finale e messaggi originali 

http://colorarelavita.blogspot.it/2012/09/la-sirenetta-di-andersen-finale-e.html

 

Hans Christian Andersen, una vita da favola



La Sirenetta di Oscar Wilde



Sofia Coppola, regista, rilettura della favola di Andersen



 

@ GIRO D'ITALIA LETTERARIO @ PORTA UN LIBRO CON TE ...22 SETTEMBRE..TEMPO DI LEGGERE

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 OGGI...GIRO D'ITALIA LETTERARIO - PORTA UN LIBRO CON TE

GET THE BOOK...

... la  nostra  Mentespazia...Il mondo dei libri ci regala  la possibilità di aprire la nostra  mente verso mondi prima sconosciuti, ci consente di avventurarsi in territori inesplorati, scoprire prospettive e pensieri non immaginati, analizzare situazioni e circostanze attraverso approcci e mentalità differenti da quelli con cui siamo  abitualmente a contatto. I libri ci fanno  viaggiare, portandoci con loro in luoghi che non abbiamo  mai visto. Senza libri la nostra esistenza sarebbe estremamente più limitata, racchiusa in ambiti più ristretti. Perché limitarsi?


Arricchiamo il nostro Vocabolario


Abbiamo   la possibilità di esprimerci attraverso un vocabolario ricco e ciò  rappresenta un grande vantaggio. E’ più facile far comprendere il nostro pensiero, si può rendere più densi di significato ed incisivi i nostri discorsi, arricchire storie, fiabe e racconti. Una semplice conversazione diventa più piacevole e stimolante nei contenuti





 Leggere per il Piacere di Farlo

 Leggiamo ciò che ci  interessa, senza lasciarci condizionare necessariamente dalle tendenze o dalle mode del momento. Impariamo ad individuare e comprare i libri che amiamo.  Se arriveremo a leggere un libro a settimana diventeremo  bravissimi anche nello scegliere i testi che più si avvicinano ai nostri  gusti.
Ascoltiamo i consigli di altri lettori,  ma seguiamo  sempre e comunque i nostri  interessi. Sarà estremamente più divertente esplorare nuovi autori, sperimentare, leggere altri libri di uno scrittore che abbiamo  gradito, magari scegliere un libro solo in base alla copertina, creare la tua propria top 100.
....

...consigli utilissimi dal Blog donna creativa :"... è una sorta di magia per cui compri della carta e ti porti a casa un sogno, un viaggio, un incontro immaginario, un’emozione. Scoprirai che i libri contengono in sé paradossi positivi, perché mentre arricchiscono fanno risparmiare, perché sono “inutili” (nel senso che non si tratta di beni di prima necessità) ma allo stesso tempo fondamentali".

 
PROPOSTA...PER DUE PERCORSI-RUBRICA...
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 Paolo Mauresing,scrittore e scacchista , ha partecipato come ospite alla XXVII edizione dei Campionati Italiani Giovanili di Scacchi a Tarvisio e ha disputato la simultanea (un giocatore contro tutti ) -  3 luglio 2014 in piazza Unità-.  Io ho appena concluso la lettura del libro " L 'ultima traversa " di Paolo Maurensig ...

Short Stories... “L'ultima traversa” é, per chi non è scacchista, l'ultima colonna orizzontale della scacchiera, occupata dai pezzi più importanti e dal re stesso, che vi trova spesso e riparo. Perderne il controllo equivale a perdere la partita e prendere scacco matto. E' anche il titolo di questo romanzo , in cui l'autore sembra sottolineare che per il giocatore l'ultima traversa è anche quella della vita, perdere la difesa di quest'ultima, dei valori importanti, non può che condurre negli abissi del gioco sacrificando tutto ciò che dovrebbe essere invece più caro. 

 LA STORIA...

 In un piccolo paese vicino Bolzano si è insediato da poco Aloiz Bauer, giovane parroco . Combattuta durante gli ultimi anni di studi, la passione per il gioco degli scacchi torna prepotentemente nella mente del giovane Aloiz, dopo aver sfidato Daniel Harrwitz, un anziano signore (l'unico di tutto il paese in grado di giocare) all'osteria, davanti a una folla di curiosi. Harrwitz è un tipo solitario, taciturno e molto  abile davanti a una scacchiera. Settimana dopo settimana, le sfide tra i due diventano un avvenimento nel paese. Sempre più ossessionato dal gioco padre Bauer si butta a capofitto nei manuali di scacchi e ben presto la sua fede vacilla sotto i colpi degli impulsi umani, tra la competizione con il signor Harrwitz e le velate avances di una parrocchiana  che, nel segreto del confessionale, si dichiara innamorata di lui. Il contrasto tra la fede, gli scacchi e l'amore si fa quasi insostenibile fino a quando Bauer non viene convocato al capezzale del vecchio scacchista che sta per morire. Dopo aver ascoltato il racconto-confessione dell'uomo, al parroco non resterà che gettare nel fuoco la scacchiera e la tonaca.
.... " E Daniel Harrwitz è veramente esisitito ? " . Certamente . E' stato uno scacchista tedesco ( Breslavia, 29 aprile 1823 – Bolzano, 9 gennaio 1884). All'età di circa vent'anni si trasferì a Parigi, dove si fece una reputazione come forte giocatore alla cieca nel famoso Café de la Régence. Nel 1849 si trasferì in Inghilterra, dove fondò la rivista British Chess Review.
Disputò numerosi match con i più forti giocatori dell'epoca 
 http://www.partecipiamo.it/cultura/carlo_bolmida/immagini/advanced_chessman.jpg

 ...CURIOSITA'

 La figura del protagonista Aloiz Bauer ha per iniziali le prime due lettere dell’alfabeto, le prime due colonne della scacchiera. Bauer in tedesco significa contadino ma anche pedone ( Mein System di Aaron Nimzowitsch, bravissimo nei  giochi di parole). Ed il destino del pedone è raggiungere l’ultima traversa, il traguardo della promozione. Ma è possibile un riscatto, una salvezza, una redenzione, cosa chiedono in cambio gli scacchi al cultore che vuole carpirne gli arcani segreti? Quale il prezzo da pagare? Daniel Harrwitz proviene dall’Olimpo degli dei, dai divani del Cafè de la Régence, ha incrociato i suoi scacchi con Staunton, Anderssen, Morphy. Come è finito tra i boschi del Tirolo? Quale motivo lo ha condotto all’esilio? Di lui sappiamo che riposa da oltre un secolo nel cimitero ebraico di Bolzano, sotto una colonna spezzata, cinta da una ringhiera di ferro. Certamente è la figura chiave, la fonte che ha ispirato l’autore a riscrivere e romanzare gli ultimi giorni di un campione sottratto alle nebbie dell’oblio

QUI UNA ECCELLENTE PRESENTAZIONE 

 
 QUI...ARGOMENTANZIONI
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SECONDO APPUNTAMENTO CON LEGGERE L'ARTE, BOTTICELLI E LA NASCITA DI VENERE

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SECONDO APPUNTAMENTO CON  LEGGERE L'ARTE, BOTTICELLI E LA NASCITA DI VENERE

Nascita di Venere - Sandro Botticelli
1482–1485 ca. - tempera su tela 72 × 278 cm
Galleria degli Uffizi, Firenze

... BOTTICELLI

Alessandro Filipepi (1445-1510), noto comeSandro Botticelli, fiorentino, pittore più legato all'ambiente intellettuale della corte di Lorenzo il Magnifico. Si formò come orafo e condusse  l'apprendistato nelle botteghe di Filippo Lippie di Andrea del Verrocchio, dai quali ereditò i colori delicati e il dolce linearismo dei contorni, poi dal 1475 iniziò a lavorare autonomamente per i Medici,frequentandone la corte.
Per questo ambiente realizzò le pitture di favole,opere di soggetto molto colto, tra cui la Primavera, la Nascita di Venere e Venere e Marte,facenti  parte  di una serie di dipinti dedicati al mito di Venere, ispirati a opere di poeti classici come Ovidioe caratterizzati da  uno stile equilibrato ed elegante.

Leggere l'arte mediante MAPPE




http://media.studentville.it/articoli_media/images/mapper/arte/botticellI_venere_2.jpg


http://2.bp.blogspot.com/-PdpBhdojTJE/T2rVlg8NH4I/AAAAAAAABhY/3bo-UTiHvzQ/s1600/32+BOTTICELLI.jpg

ANALISI  DEGLI IDEALI ARTISTICI...

Humanitas, gli aspetti spirituali e razionali dell'animo, e dell'amore sublime, nonché simbolo della purezza dell'anima.
Questi ideali sono resi mediante:
 colori perlacei dalle sfumature impalpabili, delicatissime, chiari, luminosi, trasparenti e freddi.
• ombre velate,trasparenti, appena percettibili
linearismo,soprattutto  nei profili netti delle figure, nell'incresparsi delle onde e nella sinuosità dei panneggi e dei capelli.
forme, perfette, purissime, idealizzate, soprattutto nel nudo centrale della Venere.
figure di Botticelli mostrano una bellezza molto particolare: sono fredde, perfette,  bellezza ideale fuori dalla realtà e dalla misura dei sensi, seguono l’estetica neoplatonica di Marsilio Ficino.
• Concentrazione sull'intento allegorico e filosoficoe sul raggiungimento di una forma raffinata e astratta che lo manifestasse, Botticelli non si interessò mai veramente alla resa spaziale in senso prospettico e al volume delle figure, che perciò  appaiono evanescenti e quasi "ritagliate" su un fondale bidimensionale. L'artista  riesce a rendere la sostanza corporea con un minimo di materia, alleggerendo gli elementi plastici e giungendo alla massima purezza di forme senza smaterializzarle del tutto.

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  COME OTTIENE QUESTI EFFETTI...

...dando la massima autonomia possibile a tutti gli elementi della composizione. I colori sono irreali, le forme sono idealizzate e astratte, le linee si muovono liberamente, accrescono il dinamismo delle figure e le alleggeriscono,  senso di distacco, di allontanamento dei sensi, e nello stesso tempo di attrazione del gusto e dell’intelletto.
•  La tela era un supporto in quel tempo ancora poco diffuso e forse fu adottata per potere trasportare l'opera nella villa di Castello, di proprietà del committente di gran parte delle composizioni di Botticelli su Venere, cioè Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, cugino del Magnifico. La committenza potrebbe però anche essere stata motivata dalla nascita nel 1484, in un ramo della famiglia Medici, di Maria Margherita, al cui nome alluderebbero forse i fiori sul manto rosa e la conchiglia (margarita in latino significa "perla").
• Il quadro illustra un celebre passo delle Stanze del Poliziano, in cui Venere, su una conchiglia, nasce dal mare ed è spinta a riva dagli “Zefiri lascivi”. Botticelli rappresenta questi Zefiri lascivi come due amanti abbracciati, intrecciati insieme mentre arrivano in volo e soffiano, e fanno sbocciare le rose e i fiori, risvegliano la Natura (è un soffio fecondante). Da questo soffio (il soffio della passione), Venere, appena nata, è "mossa e ispirata". Dall’altra parte la Ora accorre con un manto fiorito (allusivo alla veste di erbe e fiori della Natura) per coprire Venere.
• Tra i significati simbolici c’è anche quello dell’unione dei contrari (i due amanti, il vento che scopre, la Ora che copre, ecc.),indice di perfezione divina, ravvisabile anche nella posa della Venere pudica, che esprime la doppia natura dell’amore: insieme sensuale e ideale, trasporto e perfezione. Ma rappresenta anche la doppia natura umana: corpo e anima, c’è anche una doppia corrispondenza tra il mito pagano della nascita di Venere dalla spuma del mare e il mito cristiano della nascita dell’anima dall’acqua del battesimo. Questo punto offre maggiore probabilità che si tratti di un quadro di battesimo, un dono per la nascita della piccola Margherita de’ Medici.
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Simonetta Vespucci, la modella di Botticelli

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La figura di Simonetta Vespucci è una delle meno conosciute. Il suo volto è stato reso immortale dal Botticelli, la sua bellezza cantata dal Magnifico,che le dedicò questi versi:

O chiara stella, che co’ raggi tuoi
togli alle tue vicine stelle il lume,
perché splendi assai più che ‘l tuo costume?
Perché con Phebo ancor contender vuoi?
Forse i belli occhi, quali ha tolti a noi
Morte crudel, che omai troppo presume,
accolti hai in te: adorna del lor lume,
il suo bel carro a Phebo chieder puoi.
O questa o nuova stella che tu sia,
che di splendor novello adorni il cielo,
chiamata essaudi, o nume, i voti nostri:
leva dello splendor tuo tanto via,
che agli occhi, che han d'eterno pianto zelo,
sanza altra offension lieta ti mostri.

E' stata cantata anche  dal Poliziano nel poema "Stanze per la Giostra"...
“ch'i' gli ho nel cor diritta una saetta dagli occhi della bella Simonetta” 

 ...ed immortalata dipinto di Piero di Cosimo, il Ritratto di Simonetta Vespucci, vestita come Cleopatra e con un aspide al collo...

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C’è una leggenda molto romantica che riguarda il dipinto “La nascita di Venere” di Sandro Botticelli. Simonetta Vespucci era ritenuta dai suoi contemporanei, secondo le cronache, la più bella donna vivente e di lei si innamorò Giuliano de’ Medici che, intorno al tardo Quattrocento,  governava Firenze insieme al fratello Lorenzo il Magnifico. Mentre Lorenzo era occupato nelle questioni  politiche della città, Giuliano si impegnava in competizioni cavalleresche per vincere l’affetto di Simonetta. Partecipò ad una giostra per vincere
e ad una giostra, la sua bandiera recava dipinto il ritratto su tela di Simonetta, dipinto dal Botticelli e che recava sul retro la dicitura “L’unica e sola”.
Tra i due scoccò la scintilla d’amore, che non avrebbe avuto futuro: Giuliano morì assassinato e la ragazza, di tisi.


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PARTICOLARITA'

La Nascita di Venere è uno dei pochi dipinti pagani di Botticelli che non sono stati distrutti dalla Chiesa Cattolica


Venerdì del libro 10 ottobre ...Quella vita che ci manca, Valentina D'Urbano

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  OGNI MESE RICEVO SIA PER POSTA ORDINARIA CHE PER EMAIL, LA RIVISTA "IL LIBRAIO", FONTE PREZIOSA PER AGGIORNAMENTI SU NOVITA' LIBRARIE.

 http://www.illibraio.it/img/logo.png
 
LA NOVITA' SEGNALATAMI CHE PROPONGO PER QUESTO Venerdì del libro 10 ottobre, un forte romanzo, un  libro   che mi ha incuriosito sia per la giovane età dell'autrice,  Valentina D'Urbano, sia per il  consiglio della RivistaIL LIBRAIO. 
Acquistarlo non è ora  nel mio budget...allora  ecco la Biblioteca del mio Quartiere, fornitissima anche delle novità...
Titolo: Quella vita che ci manca.
Autore: Valentina D'Urbano
Editore: Longanesi
Anno di pubblicazione: 2014
Collana La Gaja scienza

....UNA STORIA CHE MI HA ATTRATTO  SUBITO...

Gennaio 1991. Valentino osserva le  nuvolette  di fiato che si disfano contro i finestrini appannati della vecchia Tipo, l’auto che ha ereditato dal padre, morto anni prima, e non è l’unica cosa che gli rimane di lui. C'è anche quell’idea che una vita diversa sia possibile. Ma  Valentino è troppo uguale al posto in cui vive, la Fortezza, un quartiere occupato in cui anche la casa ti può essere portata via  se ti distrai un attimo. Perciò, non resta che  la famiglia. Valentino è il minore dei quattro fratelli Smeraldo, figli di padri diversi. Anna,  a soli trent’anni non ha ormai più niente da chiedere alla vita. Vadim, con la mente di un adolescente  nel bel corpo di un ventenne.  Alan, il maggiore, l’uomo di casa, sempre  arrabbiato con ferocia  quanto lo è l’amore verso la sua famiglia, che deve rimanere unita a ogni costo. Ma il costo potrebbe essere troppo alto per Valentino, perché adesso c’è anche lei, Delia. Più grande di lui,  bellissima – ma te ne rendi conto dopo un po'- e poi  non è della Fortezza. Ed è  questo il problema. Perché Valentino nasconde un segreto che non osa confessarle e soprattutto sente che scegliere lei significherebbe tradire la famiglia. Tradire Alan. E Alan non perdona
L'AUTRICE
 ...una trascinante prosa che  rende il romanzo  uno di quei libri che ti fanno rimanere appiccicata alle sue pagine, una rabbia di fondo che ti  penetra nelle ossa,  una tendenza a dire le cose  senza  "distrazioni" letterarie, con la sola forza della verità vista e raccontata. Moltissime sono le sensazioni che mi ha lasciato questo libro. Innanzitutto il contesto nel quale è ambientato....
io stessa abito in una zona periferica di una grande città...con le stesse problematiche ...
 Vi si  racconta di una miseria senza possibilità di uscita se non attraverso "lavoretti facili", ma  miseria "ricca" della "dignità di chi non ha nulla da perdere". Dignità di una famiglia che sa di poter contare sul proprio legame, perchè, come l'autrice stessa scrive, è la famiglia l'unica certezza e 'unica forza che può  proteggere i suoi membri dall'esterno: li conosce, li ama, comunque. 

 
Come  lettore ho respirato quell' aria invidiando quasi  la famiglia Smeraldo per ciò che essa stessa è con i suoi legami profondi, da condizionare l'amore stesso per una donna, ad esempio.... Ciò che accomuna tutti i personaggi è la rabbia che si estrinseca nella forza di Mamma e nell'amore verso i suoi figli, nella capacità di Anna di far quadrare i conti,  che avvolge  Alan, gli segna il viso e tutto l'essere, che abbraccia Valentino e si trasforma in desiderio di riscatto. La rabbia nelle pagine  si sente sempre ed  ovunque, un romanzo che non "si permette mai di far provare pietà al lettore".Una storia appassionata e struggente sui legami che niente può cambiare e nessuno può spezzare...

«L’amore, quello vero, è quello che la gente nasconde. Quello che rende fragili e cattivi, quello che rende meschini. Quello che rende avidi. Disposti a tutto. L’amore è scuro, vischioso, è il sangue che si addensa e chiude i contorni di una cicatrice.»

 «L’amore di una madre non si può descrivere né quantificare. Non si divide mai, si moltiplica

«C’era quella cosa che cresceva dentro, che li spingeva l’una verso l’altro, quella cosa a cui ancora non avevano avuto il coraggio di trovare un nome, ma sapevano benissimo cos’era.»

«Io ti proteggo. Se siamo soli è finita, il mondo qui fuori è spietato, può farci a pezzi. Se restiamo insieme invece siamo più forti,siamo noi gli spietati. Se restiamo insieme, ci salviamo.»

«Si sommano i giorni, si sommano le assenze. Eppure un giorno le mancanze diventeranno immagini sbiadite. È per questo che riesce ancora a tenersi vivo.»



Un romanzo  che consiglio a chi vuole addentrarsi in  storie e personaggi forti senza rinunciare al potere dei sentimenti.

VENERDI' DEL LIBRO E LE ULTIME SULL'ARTE....

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IL MIO VENERDI' DEL LIBRO  IN SINTONIA CON LA NUOVA PAGINA " LE ULTIME SULL'ARTE"....

...PRIMA DI TUTTO SEGNALO ALCUNE PROPOSTE DAL BLOG...

1- "Tra una una lettura in tema con l’autunno, la naturahttp://libri-stefania.blogspot.it/2014/10/avvventure-nel-bosco-20-storie-con.html

2-Associazione di Genitori che, in questo periodo, è impeganta con un’iniziativa che ha a che fare con i libri, ecco il contributo con http://associazione-arcobaleno.blogspot.it/2014/10/aspettando-libriamoci-i-rapatori-di.html

3-...per far gradire certe verdure o certa frutta per il momento sgradita…:
http://mimangiolallergia.wordpress.com/2014/10/17/come-far-mangiare-la-verdura-e-la-frutta-ai-bambini-incontro-con-lautrice-al-kikollelab-di-milano/

4- ...l' iniziativa Regala un libro per Natale!
http://mammamogliedonna.it/2014/10/regala-un-libro-per-natale-ed-2.html

5- ...un premio Nobel per la Pace, la  “Storia di Malala”:http://lamiadolcebambina.blogspot.it/2014/10/venerdi-del-libro-storia-di-malala.html

6-...l’ultimo libro per bambini....letto, buon week end!
http://supermamma.mammacheblog.com/2014/10/17/squeak-rumble-whomp/

7- ...una solitudine...che non è  piaciuta, troppo triste!
http://www.blogfamily.it/18523_la-solitudine-dei-numeri-primi/

8- ..una ventata di buonumore e ottimismo...!
http://mammaalcubo.altervista.org/super-felici/

9- ...mitica Pimpa, un must per tutte le infanzie...
http://mammavvocato.blogspot.it/2014/10/la-pimpa.html

10- ...una famiglia che si destreggia con molta leggerezza tra le piccole avventure della vita quotidiana:
http://lekemate.blogspot.it/2014/10/vdl-la-famiglia-c.html


...ed ora  voglio condividere la mia passione per l'arte che mi vede spesso per Mostre, Musei...che qui a Roma hanno un palcoscenico invidiabile.
Documento formidabile il nuovo Saggio  di Vittorio Sgarbi,  Il punto di vista del cavallo. Caravaggio,  Bompiani, 2014.




Caravaggio? Un fotografo prima della fotografia
Michelangelo Merisi fu il primo a cogliere l'attimo, mettendo la realtà in un quadro. Non è un artista seicentesco, ma un nostro contemporaneo



 Il saggio, ricchissimo di immagini, è una riflessione sulla contemporaneità di un artista universale come Caravaggio. Perché Caravaggio è così grande? Perché si stenta a credere che le sue idee siano state concepite quattro secoli fa.


DAL TESTO:

"Tutto, nei suoi dipinti, dalla luce al taglio della composizione, fa pensare a un'arte che riconosciamo, a un calco di sensibilità ed esperienze che non sono quelle del Seicento ma quelle di ogni secolo in cui sia stato presente e centrale l'uomo; la si può chiamare pittura della realtà, e a questo deve la sua incessante attualità. Davanti a un quadro di Caravaggio è come se fossimo aggrediti dalla realtà, è come se la realtà ci venisse incontro e lui la riproducesse in maniera totalmente mimetica. Stabilendo per ciò stesso un formidabile anticipo, perché si può dire, in senso oggettivo, che Caravaggio sia l'inventore della fotografia.La fotografia è nata nel 1839-40 ma Caravaggio la prefigura già nel 1601, rifiutando di rappresentare la realtà quale dovrebbe essere, come proiezione di sentimenti, di un Bene e di un Male intesi come valori simbolici. Caravaggio osserva e riproduce la realtà esattamente com'è, esattamente come la vediamo in una buona fotografia. Di più: non è fotografia nell'accezione di ritratto posato, è fotografia alla ricerca di una realtà che ci coglie come di sorpresa, dell'«attimo decisivo» cui fa riferimento un grande fotografo come Henri Cartier-Bresson: fotografia come attesa e cattura del momento in cui la realtà si sta determinando.C'è esattamente questo in Caravaggio. Dalla posizione di un dito, dall'espressione di un volto, abbiamo l'impressione di essere invisibili e di sorprendere una realtà che si sta manifestando davanti a noi.



Nel Saggio, la scrittura è piacevole, veloce e non si nota quel gusto – comune a molti che scrivono d’arte – per la complicazione delle frasi e dei concetti che spesso sembra essere conferma della sapienza dell’autore. E poi è breve, solo 160 pagine in  piccolo formato, più o meno  come uno smartphone, un vero e proprio tascabile e infine, ma questa è per me la ragione più importante, perché parla di Caravaggio. Il punto di vista a cui si fa riferimento nel titolo è infatti quello del cavallo, protagonista, forse più lui del santo, della Conversione di san Paolo della basilica di Santa Maria del Popolo a Roma. 
Il saggio di Sgarbi ripercorre, dunque, presentando ed analizzando i suoi quadri più celebri, tutta la carriera di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, dal primo periodo di formazione pressoSimone Peterzano (allievo di Tiziano; non va perciò sottovalutata la componente veneta di alcune opere giovanili del Caravaggio) al trasferimento a Roma, ai dipinti per collezionisti privati e committenti religiosi, ai tanti problemi con la giustizia (... tutti i guai giudiziari del pittore fanno davvero impressione) e alla nascita di capolavori assoluti, che erano tali allora perché sapevano già raccontare il sacro in maniera radicalmente diversa dalla tradizione, e che sono tali ancora oggi perché quel modo di raccontare è in realtà molto affine al nostro.
caravaggio michelangelo
CARAVAGGIO

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